VOTARE PRESTO, VOTARE SPESSO

L’astensionismo giovanile è un problema diffuso in tutte le democrazie e rischia di avere conseguenze di lungo termine sui processi elettorali. Perché i giovani non votano? Come si potrebbe coinvolgerli? Non c’è una risposta semplice. Abbassare l’età del voto potrebbe essere una soluzione, grazie all’apporto delle comunità educanti e del secondo welfare.

Le elezioni politiche del 25 settembre hanno registrato l’affluenza più bassa dal 1948, in particolare tra i giovani. Si tratta di una dinamica che caratterizza da decenni tutte le democrazie occidentali e ha motivazioni complesse. Non esistono soluzioni chiare e semplici a questo problema, ma diverse ricerche in campo sociale e politologico hanno individuato alcuni punti fermi: chi vota presto e vota spesso da giovane lo farà anche una volta cresciuto. La comunità educante potrebbe accompagnare all’accesso al voto ragazzi e ragazze. Specialmente se si iniziasse a votare a 16 anni.

Il quadro complessivo

Il problema dell’astensionismo – in particolare, ma non solo, quello giovanile – interessa da decenni tutte le democrazie europee e nordamericane. L’Italia rientra perfettamente in questa dinamica: nei primi 30 anni della storia repubblicana si registrano affluenze elevate alle 7 consultazioni politiche generali (con una media del 93,17%). L’astensionismo inizia la sua ascesa a partire dalla fine degli anni ‘70, con un incremento sempre più drastico dal 2008 in poi (grafico 1). Le ultime elezioni hanno registrato la più brusca crescita dell’astensionismo in Italia (+9,03 punti percentuali rispetto al 2018).

Nel 2022 la regione italiana con la più alta affluenza (Emilia Romagna) si è attestata comunque sotto l’affluenza media del 2018; la regione con l’affluenza più bassa (Calabria) si è fermata a più di 22 punti percentuali dall’ultima media nazionale. Il quadro dell’affluenza a livello regionale (grafico 2) descrive un Paese geograficamente spezzato: tutte le regioni meridionali e le isole si trovano, insieme alla Valle d’Aosta, sotto la media nazionale.

L’astensionismo è un fenomeno complesso da studiare: nell’analizzare il grafico qua sopra bisogna tenere conto di molte variabili (per esempio del fatto che molti giovani e giovanissimi del Sud si trasferiscono al Nord per studiare o lavorare, contribuendo a modificare gli equilibri dell’elettorato).

Una delle dinamiche da considerare è certamente quella demografica. In tutte le democrazie occidentali, infatti, la fascia di età di elettorato “giovane” (che convenzionalmente comprende le persone tra 18 e 34 anni) è quella che si astiene di più.

Come raccontato da Milena Gabanelli in un recente episodio di DATAROOM, negli ultimi 30 anni in Italia la fascia di elettorato giovane è passata dall’ultimo al primo posto nei livelli di astensione (dal 9% del 1992 al 38% del 2018). Anche le elezioni del 25 settembre hanno visto la più alta percentuale di astensionismo proprio nella fascia tra i 18 e i 34 anni: secondo dati dell’Istituto Ixè il 40,1% (su una media nazionale del 36,1%).