TRE IMPEGNI CHE L’EUROPA DOVREBBE CHIEDERE A ISRAELE

Quattro giorni di stop ai combattimenti e al lancio di razzi. 50 prigionieri israeliani, donne e bambini, rilasciati in cambio di 150 palestinesi (minori e donne). Disco verde all’entrata degli aiuti nella Striscia di Gaza. Sono i termini dell’accordo fra Israele e Hamas annunciato all’alba dal governo del Qatar. Questa la cronaca. Può essere davvero una svolta? La riflessione di Paolo Bergamaschi, per 24 anni consigliere politico presso la Commissione Esteri del Parlamento europeo, pubblicata su Vita 

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[…] Credere che con il governo di Netanhyau una volta terminata la guerra a Gaza possa rimettersi in moto il treno della pace è fuori da ogni logica. Per anni l’attuale primo ministro israeliano, il più longevo della storia, ha tenuto in scacco la diplomazia internazionale temporeggiando e rallentando i negoziati o, comunque, cercando di aggirare o accantonare la questione palestinese attraverso accordi diretti bilaterali con i singoli Paesi arabi. Ha avuto buon gioco grazie anche alle divisioni in casa palestinese e agli attentati terroristici di Hamas e della Jihad islamica.

Dai tempi di Obama l’elettrocardiogramma del processo di pace israelo-palestinese è piatto. L’offensiva israeliana a Gaza, intanto, malgrado lo stop annunciato nella notte continua senza che si chiariscano gli obiettivi finali. Per la diplomazia occidentale la conclusione della guerra è la soluzione dei Due Stati, quello israeliano e quello palestinese chiamati a coesistere sullo stesso fazzoletto di terra in pace e sicurezza reciproca ma a Tel Aviv non si sbottonano. L’esodo forzato o indotto della popolazione della striscia potrebbe prefigurare uno scenario di pulizia etnica che la diplomazia internazionale ha l’obbligo di scongiurare.

Non c’è dubbio che la nuova crisi mediorientale rappresenta l’ennesimo esame di maturità per l’Ue chiamata a dimostrare di essere in grado di produrre una politica estera credibile e coerente con quanto sta avvenendo sullo scacchiere ucraino. Gli sforzi di Josep Borrell, l’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune appena rientrato da un tour de force diplomatico nei Paesi della regione per trovare una soluzione politica sono encomiabili ma risultano vani se non sono accompagnati da gesti concreti.

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