SCUOLA, ULTIMO APPELLO

“Ultimo appello” è il titolo scelto per il numero di VITA di settembre, online per gli abbonati e in distribuzione da venerdì 10 settembre: “Perché si prenda tutti coscienza che tornare tranquillamente al “prima” sarebbe inaccettabile. E che per cambiare davvero, al centro devono esserci loro, i ragazzi. Con sette sfide da vincere senza se e senza ma”. L’editoriale su Vita.it

“Ultimo appello” è il titolo che abbiamo scelto per il numero di VITA di settembre, online da oggi per gli abbonati e in distribuzione da venerdì 10 settembre. Un ultimo appello alla scuola perché riconosca che non è tutta colpa del Covid: è la scuola “di prima” che doveva cambiare. Un ultimo appello perché si prenda tutti coscienza che tornare tranquillamente al “prima” sarebbe inaccettabile: per rispetto ai ragazzi, alla sofferenza che a scuola vivono, al desiderio che di scuola hanno, ai sogni di futuro che nutrono. Un ultimo appello per inventare i modi ma soprattutto la voglia di rimettersi in gioco per davvero e innervare tutta la scuola di quell’innovazione di cui in Italia non mancano le best practice eccellenti, ma la loro messa a sistema.

Nell’ultimo anno e mezzo la scuola si è rivelata un organismo molto fragile e tanti nodi sono venuti al pettine. «La Didattica a distanza ha svelato la realtà delle nostre scuole: luoghi in cui i ragazzi sono ormai freddi numeri che producono, scartati ogniqualvolta uno dei nostri figli non è in grado di rispettare e soddisfare queste aspettative folli», ha scritto nella sua pungente riflessione Paolo Iabichino, che nel suo ultimatum alla scuola – «questi due anni o saranno il trampolino per un nuovo inizio o saranno la tomba dell’istituzione scolastica» – mette subito in chiaro la postura da assumere, pona il fallimento di qualsiasi progetto di cambiamento: i ragazzi e le loro anime ferite, da guardare negli occhi, ascoltare, abbracciare e a cui dare voce.

Abbiamo l’occasione straordinaria per immaginare un’altra scuola, che non somigli alla scuola in DaD dell’anno 2020/21, ma nemmeno che torni alla scuola “di prima”. Una scuola che abbia il coraggio di uscire dai propri schemi, che vada a sbirciare fuori da se stessa, che esca e che lasci entrare, che sperimenti, che dia parola ai ragazzi. La scuola saprà essere prima di tutto dei ragazzi e per i ragazzi, cominciando da quelli più fragili? Saprà vedere la loro sofferenza e insofferenza per un modello che spinge tutto sulla competizione, sulla performance individuale e su un malinteso merito? Il digitale verrà integrato davvero nella didattica? Abbiamo compreso che lo spazio insegna? L’occasione è di quelle da non mancare: anche questo è un ultimo appello. Gli investimenti previsti dal PNRR sono importanti (li abbiamo mappati, sono oltre 18 miliardi di euro) ma accanto alle risorse occorrono idee, soggetti e progetti che sappiano trasformarle in interventi a forte impatto, al servizio delle giovani generazioni. C’è nell’aria la voglia di scuola, come dimostrano le tante reti civiche nate nell’anno del Covid (ci abbiamo fatto un focus). «Si cambia avendo bene in mente la nuova scuola che vogliamo. Una scuola che esca dalle gabbie del Novecento, dove tutto era frazionato, e che abbatta la logica delle discipline come compartimenti stagni. Il principio di integrazione e quello di interdisciplinarietà, ovvero la capacità di andare oltre, che oggi è portato avanti da centinaia di sperimentazioni, deve diventare patrimonio generale. La scuola nuova è una scuola unita da Nord a Sud, che promuove scambi e dove non si ragiona solo per materie, ma per competenze. C’è un grande lavoro culturale da fare, e anche di formazione», ha detto il ministro Patrizio Bianchi in un’ampia intervista.

L’editoriale completo su Vita.it

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