PROGETTI PER IL DOPO DI NOI – RUOLI, COLLABORAZIONI, STRUMENTI NECESSARI 

Un dialogo con gli avvocati Alessandra Cocchi e Giulio Rufo Clerici, per approfondire la legge 112/2016 – che prevede degli strumenti giuridici per sostenere i progetti individualizzati per il durante e dopo di noi – e la rete di rapporti tra professionisti e figure all’interno delle istituzioni, con responsabilità sul piano della tutela delle persone fragili. A che punto siamo con l’applicazione della legge? 

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Alla luce della nostra esperienza le misure della legge 112/2016 devono essere inquadrate in una collaborazione a livello di sistema – a partire sia dalle c.d. misure di protezione, come l’amministrazione di sostegno, sia dal progetto individuale di vita – con un ruolo determinante degli enti locali, in quanto garanti della fase di elaborazione del progetto e della sua realizzazione nel tempo: in tale quadro le persone e le famiglie assumono un ruolo più forte e le risorse risultano meglio utilizzate.

Attualmente, lo strumento giuridico previsto dalla legge 112/2016 più utilizzato è il trust per la persona fragile. Si noti che nel nostro Paese, generalmente, sono costituiti dei trust “normali” con clausola sospensiva, senza collegamento con la disciplina sul dopo di noi. Il vantaggio fiscale per i disponenti generalmente viene in rilievo sopra la soglia patrimoniale di 1,5 milioni di euro, appannaggio di famiglie economicamente benestanti. Con le regole attualmente vigenti, il principale beneficio ottenibile nel caso di trust dopo di noi, attivato quando i genitori o altri familiari sono ancora in vita, è riferito alla possibilità che i beni conferiti ritornino ai disponenti senza oneri, nel caso di premorienza della persona con disabilità.

I dati al momento disponibili potrebbero sottostimare il fenomeno del dopo di noi, in quanto non esiste una codifica nazionale degli atti di trust che consenta di fare statistiche puntuali. Occorrerebbe pertanto leggere ogni atto e desumere, da motivazioni e finalità, che quel determinato trust costituisce, effettivamente, un trust per il dopo di noi. La nostra percezione è che stiamo parlando ancora di un gruppo di famiglie particolarmente proattive che, su base nazionale, potrebbero essere alcune migliaia.

Il vincolo di destinazione, previsto anch’esso dalla legge 112/2016, offre uno strumento giuridico interessante tecnicamente ma può incontrare difficoltà di funzionamento, perché presuppone dei patrimoni di natura “statica”, mentre nelle gestioni a lungo termine c’è bisogno di spendere a beneficio della persona con disabilità; né appare certo il regime giuridico dei nuovi beni, acquistati per mezzo di quelli inizialmente vincolati. Affinché il vincolo di destinazione possa essere utilizzato, c’è dunque bisogno di un quadro normativo più chiaro e di prassi consolidate da parte del notariato e dei professionisti.

Occorre tenere presente che gli strumenti della legge 112/2016 (trust, vincoli di destinazione e fondi speciali) sono tuttora poco utilizzati, sia fra i professionisti che possono dare consulenza ai beneficiari e ai loro cari, sia tra i giudici tutelari e gli amministratori di sostegno. Occorre sviluppare l’informazione e la conoscenza specifica a partire dalle famiglie. Per la gestione delle risorse del trust, il nostro ordinamento consente di costituire o di rivolgersi ad enti specializzati per il durante e dopo di noi – in favore di singole persone e a livello collettivo – strutturati nella forma giuridica considerata più adeguata (fondazione, fondazione partecipata, impresa sociale, ente del terzo settore iscritto o meno al Registro Unico). A Milano, ad esempio, operano tra l’altro la Fondazione Idea Vita e la Fondazione Lombarda Affidamenti.

Sono centrali i temi della professionalità e delle garanzie necessarie alle famiglie. Per accompagnare una persona con disabilità, infatti, occorrono formazioni e competenze specifiche a livello professionale per non correre il rischio di elaborare delle soluzioni “fai da te”. Le soluzioni e gli strumenti giuridici vanno identificati tenendo sempre presente la disciplina ordinaria della tutela giuridica delle persone fragili, guardando ai rispettivi ruoli e alla collaborazione tra giudice tutelare, che valuta richieste e decisioni sul piano personale ed economico, e amministratore di sostegno, che opera nell’interesse della persona fragile. Ciò a maggior ragione, in presenza di trust o di altri strumenti previsti dalla legge. Crediamo che la promozione della tutela giuridica, in tutte le sue forme, sia a vantaggio di tutti: primo delle famiglie che possono sentirsi partecipi delle misure di protezione, secondo perché permette un’allocazione più efficiente delle risorse. Se il giudice tutelare valuta inizialmente con attenzione la richiesta di costituire un trust, poi, se tutto va bene, può verificare il funzionamento di un sistema che ha pesi e contrappesi anche al suo interno. Il giudice avrà così più risorse per gestire gli altri casi e le evenienze che necessitano di approfondimento. Pensiamo che sia l’ottica vincente, nella quale l‘interesse pubblico e privato possono coincidere, senza lasciare indietro nessuno.

Gli strumenti della legge 112/2016 devono quindi essere inquadrati all’interno di un quadro istituzionale collaborativo, a livello di sistema, a partire dal progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato, e dal ruolo dei comuni che hanno il compito di assicurarne la elaborazione e la realizzazione effettiva. In questo quadro il ruolo della persona con disabilità e della sua famiglia diventa più forte e le risorse – pubbliche e private – sono utilizzate in modo tanto efficace quanto efficiente.