POVERTÀ: L’EUROPA ALLE PRESE CON L’EREDITÀ DELLA PANDEMIA

Circa 95 milioni di persone, il 22% di chi vive in Europa, si trova a rischio povertà e esclusione sociale. Entro il 2030 l’UE intende abbassare questa cifra di almeno 15 milioni, di cui un terzo minori, e per farlo sta mettendo in campo diversi strumenti. Basteranno per limitare le conseguenze del Covid-19? Ne parla la nuova puntata di Europa Sociale, la serie di Secondo Welfare per capire come cambierà l’Unione dopo il Summit di Porto.

In Italia, si è tornato a parlare di povertà. Con l’avvicinarsi dell’approvazione della Legge di Bilancio, il dibattito sul Reddito di cittadinanza si è riacceso, concentrando gran parte dell’attenzione sulle truffe legate a questa misura. Molto meno spazio è stato dato ai modi per migliorare il Reddito di cittadinanza. E ancora meno al quadro europeo in cui questo provvedimento dovrebbe inserirsi.

Con il Piano d’azione sul Pilastro europeo dei diritti sociali e la dichiarazione di Porto, firmata lo scorso maggio, i Paesi UE si sono impegnati a raggiungere tre obiettivi per rendere l’Europa più sociale. Uno di questi riguarda le persone a rischio di povertà o esclusione 1: lo scorso anno, erano 96,5 milioni, quasi il 22 per cento della popolazione. Entro il 2030, dovranno diminuire di almeno 15 milioni, di cui almeno 5 dovranno essere minori.

Secondo Laura De Bonfils, però, “non è abbastanza”. “Considerato che l’obiettivo è stato fissato nel corso del 2020 e, quindi, in piena pandemia, non lo riteniamo sufficientemente ambizioso. Ma molti Stati la pensano diversamente”, prosegue De Bonfils, che è policy & advocacy coordinator della rete del Terzo Settore europeo Social Platform.

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