PIANTARE MILLE MILIARDI DI ALBERI: SI PUÒ FARE? E SAREBBE RISOLUTIVO?

La dichiarazione del neurobiologo vegetale Stefano Mancuso ha riaperto il dibattito sulle potenzialità della riforestazione. Piantumare fa bene a noi e al Pianeta, ma l’obiettivo dei mille miliardi potrebbe essere irraggiungibile. “Non bisogna però ricadere nel benaltrismo”, sottolinea Flavio Natale su Futura network.

“La soluzione immediata per ridurre il riscaldamento globale? Piantare mille miliardi di alberi”. Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale presso l’Università di Firenze, in un’intervista rilasciata ad Avvenire, ha proposto nuovamente la sua idea per ridurre la concentrazione di CO2 nell’atmosfera: una riforestazione intensiva per la cattura del carbonio, che rientra tra le cosiddette Nature based solutions, “soluzioni basate sulla natura” per combattere il surriscaldamento globale.

“Avete fatto l’azione più intelligente ed efficiente per combattere il riscaldamento globale”, ha detto Mancuso alla Coop Youth Experience, l’evento tenuto dal 27 al 29 settembre a Milano per piantare i primi mille alberi dei diecimila (in dieci città italiane) previsti dall’iniziativa. “Diecimila piante non basteranno, ma è un inizio, e attraverso questo tipo di operazioni si potrebbe davvero cambiare il mondo e il nostro futuro. Le piante sono il motore della vita: senza di loro il Pianeta diventerebbe in breve tempo una roccia sterile”.

L’idea del neurobiologo affonda le radici in uno studio pubblicato su Science nel 2019, dove il team di ricerca del Crowther Lab dimostrò l’enorme potenziale di un sequestro di carbonio operato a partire dalle piante. L’analisi illustrava che “piantare mille miliardi di alberi” avrebbe, almeno in parte, risolto la crisi climatica. Da questo lavoro è nata l’iniziativa One trillion trees del World economic forum: una campagna internazionale che mira al ripristino e alla piantumazione di foreste, per arrivare a quota mille miliardi di nuovi alberi entro il 2050.

“Si parla poco delle conseguenze del taglio degli alberi e più delle tecnologie”, ha sottolineato ancora Mancuso. “Negli ultimi due secoli abbiamo tagliato duemila miliardi di alberi, e la conseguenza di tutto questo è anche la causa del riscaldamento globale”. Il neurobiologo ha aggiunto che, tagliando gli alberi, non si influisce solamente sul computo di CO2, ma anche sul decremento delle specie che vivono intorno agli alberi stessi. “La riduzione della biodiversità è un eufemismo. Sappiamo che nel 2070 non ci saranno più pesci al di fuori di quelli allevati: questo è lo stato della biodiversità del nostro Pianeta”. Secondo uno studio dell’università di Cambridge citato dallo stesso Mancuso, infatti, l’80% degli animali che vivono sulla Terra è bestiame da allevamento, mentre 1’85% degli uccelli è pollame per uso alimentare. “Bisogna applicare una vera e propria conversione biologica”.  

Anche il Time ha dedicato un lungo approfondimento al tema, identificando la riforestazione, tra le tante misure da prendere, come una “potente soluzione climatica”.

“Gli alberi sono i depuratori d’aria del nostro Pianeta: il ‘dispositivo’ più efficace che abbiamo per estrarre il carbonio dall’atmosfera. Negli Stati Uniti, ad esempio, le foreste catturano e immagazzinano quasi il 15% delle emissioni annuali di anidride carbonica, equivalente alle emissioni di 163 milioni di automobili all’anno”.

Allo stesso tempo, però, la perdita di alberi è ancora altissima: “Ogni sei secondi, il nostro Pianeta perde un campo da calcio di foresta pluviale a causa della deforestazione”, si legge sul Time.  

Il settimanale ha perciò rimarcato l’efficacia di iniziative come 1t.org, organizzazione nata per favorire il raggiungimento dell’obiettivo “mille miliardi di alberi” entro il 2050. “Nel suo anno inaugurale, la sezione statunitense di 1t.org ha ottenuto impegni da oltre 70 città e Stati americani, oltre ad aziende e Ong, per conservare, ripristinare e far crescere oltre 50 miliardi di alberi negli Stati Uniti e all’estero entro il 2030”.

Ma questa conversione è veramente possibile?

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