NON AUTOSUFFICIENZA: UNA RIFORMA (ANCORA) DA COSTRUIRE

I decreti dovevano attuare la legge delega approvata lo scorso anno (l. 33/2023). In realtà, il decreto varato dal Consiglio dei ministri il 25 gennaio (uno solo, suddiviso in 41 articoli) lo fa solo in parte. Pur presentando contenuti importanti, omette alcuni passaggi, ne cambia altri. Si è parlato di riforma dell’assistenza agli anziani, ma ciò che cambia è parziale e frequentemente rinviato: sono 13 i decreti e 4 le linee guida che dovranno essere emanati successivamente. Diversi passaggi sono animati da uno sforzo definitorio, a tratti pletorico, in cui si sancisce l’esistente, come nel caso dei PAI – Progetti di assistenza individuale, strumenti già in uso da anni in tanti territori, o come nel caso dei caregiver familiari, su cui peraltro è attivo un tavolo interministeriale per un nuovo disegno di legge.

Molti sono i temi trattati. In questo articolo pubblicato sul sito di Welforum ci si concentra su tre di essi, su cui l’attesa di cambiamento era particolarmente alta: la valutazione multidimensionale e l’accesso ai servizi, i servizi domiciliari, l’indennità di accompagnamento.

Primo, la valutazione multidimensionale. Qui il decreto risulta coerente con la legge delega nello sforzo di semplificare i percorsi di analisi del fabbisogno di assistenza e di presa in carico dell’anziano da parte della rete dei servizi. È prevista una valutazione multidimensionale nuova, unificata e omogenea incardinata nei Punti unici di accesso (PUA), che diventeranno la porta unitaria non solo di accesso ma anche di informazione e orientamento per le persone. Un punto unificato per l’insieme ampio di prestazioni per il cittadino, che non dovrà più fare il “giro delle sette chiese” ma potrà trovare tutte le risposte che cerca in un unico luogo.

Rimane il fatto che i PUA vengono idealmente collocati all’interno delle Case della Comunità, inizialmente previste in 1.350 sul territorio nazionale, poi ridotte a 936 per motivi legati ai costi, sottostimati. Purtroppo molte nuove Case della Comunità vanno configurandosi come dei poliambulatori a scartamento ridotto, in cronica sofferenza per il deficit di personale che affligge il Servizio sanitario nazionale, gli infermieri in primis. L’organigramma previsto dal DM 77/2022 per queste strutture, ambiziosissimo, è inoltre quasi tutto sanitario: l’integrazione con i servizi sociali è un tema lasciato ai margini, alla discrezionalità delle singole Regioni.

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