MILANO: IL LABORATORIO CHE RESTITUISCE UN’IDENTITÀ AI MIGRANTI SCOMPARSI 

Restituire un’identità ai corpi senza nome è tra le missioni principali del Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense (Labanof) di Milano. Dagli anni ‘90, la sua squadra di professionisti composta da antropologi, odontoiatri, medici legali, biologi, archeologi e naturalisti analizza i cadaveri degli sconosciuti che arrivano in obitorio senza alcun sospetto di identità: tra loro ci soprattutto senzatetto, prostitute e migranti.

I segni sul corpo, ciò che avevano con sé al momento del loro ritrovamento e le condizioni fisiche che vengono rilevate attraverso le autopsie e le altre analisi scientifiche permettono di ricostruire le loro storie, fino al loro riconoscimento. Per Cristina Cattaneo, professoressa ordinaria di Medicina Legale all’Università degli Studi di Milano e direttrice del Labanof, si tratta di un processo necessario che va fatto innanzitutto per restituire dignità ai morti e per i parenti delle vittime.

Nella sua esperienza pluriennale ha analizzato i resti di migliaia di cadaveri, occupandosi anche dell’identificazione di chi ha perso la vita in disastri di massa. Tra i casi che l’hanno segnata di più, c’è il naufragio di Lampedusa dell’ottobre 2013, quando si occupò di identificare quasi 400 corpi di persone migranti che morirono nel Mediterraneo. I nomi della maggior parte di loro sono ancora oggi sconosciuti, racconta la dottoressa Cattaneo a La Svolta. Il problema è che in Europa non esiste un database condiviso che permetta ai parenti di risalire all’identità dei propri cari scomparsi.

L’articolo completo di Alice Dominese su Lasvolta.it