L’IMPATTO? NON RIFORMA, TRASFORMA

Tanto il senso quanto la sostenibilità non son più “forma”, bensì “sostanza” delle imprese: cemento della competitività e misura di un valore sociale che non si può più delegare ad una vaga responsabilità sociale, ma necessita di rifondarsi intorno al cambiamento positivo misurabile nella vita reale delle persone. L’editoriale di Paolo Venturi, Direttore AICCON, su Vita

La storia ci insegna che non si esce da una crisi entropica (di senso) appena con aggiustamenti di facciata e nuove regole, ma con una profonda azione capace di risignificare l’esistente e offrire ragioni desiderabili per costruire un futuro diverso. Per questa ragione tanto l’economia quanto la finanza son profondamente determinate e influenzate da vincoli e obiettivi di sostenibilità e impatto sociale.  Una traiettoria ricorrente che Ève Chiapello, Luc Boltanski ne Il nuovo spirito del capitalismo”,  evidenziano e descrivono in maniera mirabile: i cambiamenti che osserviamo risiedono nella straordinaria capacità adattiva e plastica del capitalismo di nutrirsi dei limiti che in parte contribuisce a generare. Un processo visibile nei codici genetici di molte imprese (es. società benefit), di molta compliance d’impresa (Esg), nelle categorie con cui si valuta il merito creditizio e il valore delle attività del non profit, nelle priorità settoriali verso cui si orientano ingenti risorse di fondi europei e nazionali.  

Tanto il senso quanto la sostenibilità non son più “forma”, bensì “sostanza” delle imprese: cemento della competitività e misura di un valore sociale che non si può più delegare ad una vaga responsabilità sociale, ma necessita di rifondarsi intorno alla pietra miliare dell’impatto sociale (inteso come cambiamento positivo misurabile nella vita reale delle persone).

La relazione fra rischio e rendimento è una coperta troppo corta, serve allargare lo spettro incorporando in maniera intenzionale gli effetti sull’ecologia,  le disuguaglianze e la qualità della vita ( dentro cui la salute e la cultura hanno un ruolo enorme). Il piccolo torrente che alimenta le strategie d’impatto “si è ingrossato” ed in pochi anni abbiamo visto affermarsi una nuova asset class di investimenti, nuove professionalità che popolano l’organigramma delle imprese mainstream, nuove metriche capaci di influenzare l’allocazione dei capitali di fondazioni bancarie e di venture capitalist e città che investono accantonando la logica del “fondo perduto” (sic!). Il cambio d’epoca dentro cui siamo immersi, sta diffondendo la consapevolezza che la socialità e la socievolezza non possano essere derubricate come mere esternalità ma che debbano entrare nelle “catene del valore” e perciò trasformarsi in investimenti, ruoli e strategie orientate a beni e servizi che hanno loro epifania non più solo nel profitto ma nella trasformazione positiva che son in grado di generare nei territori. Un processo irreversibile che sta tracimando in ogni ambito e che forse necessita di “un tagliando” per non cadere nella strumentalità e nella irrilevanza.