IL CALDO NON È UGUALE PER TUTTI: I RISVOLTI SOCIALI DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO 

Siamo a settembre inoltrato ma il termometro, la scorsa settimana, ha toccato ancora i 30 gradi. L’estate che va concludendosi ha fatto registrare, come le più recenti, lunghe ondate di calore che, è ormai riconosciuto, sono destinate a diventare la normalità. Anzi, aumenteranno per intensità, frequenza e durata.

Tra il 2000 e il 2016, nel mondo, il numero di persone esposte a questo fenomeno è salito di circa 125 milioni (WHO 2023). Le ondate di calore non sono solo un fenomeno climatico, ma anche un fenomeno sociale sia perché colpiscono in maniera diversa le persone rispetto alle loro caratteristiche socio-economiche (es. per età, reddito, settore occupazionale), sia perché hanno conseguenze sociali (es. sulla produttività del lavoro, sugli accessi ospedalieri ecc.), sia perché la loro gestione coinvolge anche le politiche sociali (da quelle sanitarie e abitative a quelle dei trasporti, ecc.).

L’unico aspetto positivo di questi fenomeni estremi è che sono eventi prevedibili con una certa sicurezza e hanno effetti abbastanza prevenibili, dunque mitigabili con politiche e servizi adeguati e con una maggiore consapevolezza da parte dei cittadini sui comportamenti da adottare. Facciamo qualche esempio.

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