FUTURE CHAIR: IL FUTURO INIZIA OGGI

Sfidare noi stessi

Arriva un momento nella vita di una persona come di un’organizzazione, in cui ci si rende conto che è necessario cambiare se stessi se si vuole cambiare il mondo. La trasformazione interiore può essere un lavoro impegnativo e incomodo, ma anche coinvolgente e appagante.

Non è solo il “cosa” che conta in questo percorso, ma anche il “come” e il “perché”.

Il processo in sé conta. I processi, infatti, sono profondamente e intrinsecamente intrecciati con i risultati che miriamo a raggiungere e possono comprometterli dall’interno.

Dopo decenni di narrazione dominata da RBM- results based management (gestione basata sui risultati) nella programmazione, nel monitoraggio e nella valutazione, tale consapevolezza comporta parecchio da “disimparare”.

Il vissuto collettivo degli ultimi anni ha di fatto accelerato i processi di cambiamento in atto tra i donatori, ma anche tra ricercatori e attivisti e un numero crescente di persone e organizzazioni vuole intraprendere nuovi comportamenti, adottare nuove mentalità e modi di lavorare.

Di fronte alla complessità, all’incertezza e alla volatilità degli scenari di fronte a noi, oggi abbiamo l’opportunità di abbracciare le sfide intersezionali della nostra epoca in modi nuovi e dirompenti.

Tuttavia, se è vero che da un lato abbiamo a disposizione nuove opportunità e conoscenze e competenze; dall’altro, scontiamo un duplice ostacolo: l’obsolescenza e inadeguatezza dei processi e degli strumenti a disposizione e la persistenza di barriere ideologiche e culturali.

Spesso barriere culturali e obsolescenza dei processi sono strettamente interrelati: solo attraverso una trasformazione culturale è possibile sviluppare nuovi processi e strumenti, o adeguare e trasformare quelli vecchi, per liberare tutto il potenziale innovativo di trasformazione sociale che il presente offre.

Mettere in discussione retaggi culturali e sfidare lo status quo conduce a una cornice più ampia che arriva a riguardare il sistema di potere: la differenza tra dominio e potere, tra concessione e diritto, tra esclusione e capabilities; tra patriarcato e generatività.

La condivisione del potere è un vettore fondamentale per modificare processi e dinamiche ma, per questa condivisione, è necessario un cambio di paradigma nel modo in cui misuriamo e valutiamo ciò che conta per le persone e il pianeta. Negli attuali sistemi politici, sociali ed economici dominanti che favoriscono guadagni a breve termine e soluzioni rapide a scapito del benessere e della prosperità planetaria e umana a lungo termine, condividere il potere con le generazioni più giovani e le generazioni future potrebbe essere uno dei modi per invertire lo status quo.

Per quanto riguarda la filantropia istituzionale, una delle caratteristiche uniche e distintive di essa – la sua capacità di impegnarsi a lungo termine – offre alle fondazioni un posizionamento unico per fare la differenza e assumere un ruolo guida nell’abbracciare un approccio intergenerazionale e di inclusione delle future generazioni nei processi decisionali e strategici.

Generazioni future e giovani generazioni di oggi

Nel 1998 ero una neolaureata in giurisprudenza e vivevo a Jaen, nel nord del Perù, ai margini della regione amazzonica. Lavoravo nell’ufficio per i diritti umani di una ONG e verso la fine del mio anno lì, ebbi l’opportunità di viaggiare per tre settimane con un team di medici all’interno della regione del fiume Maranon per visitare le popolazioni Awaruna e Wambiza in occasione del monitoraggio sanitario periodico. L’esperienza mi ha cambiato la mia vita in molti modi e in qualche modo è sempre rimasta profondamente radicata in me.

Molte volte, negli ultimi 3 anni, guardando il nostro pianeta bruciare, le disuguaglianze aumentare, la democrazia deteriorarsi, i volti delle persone Awaruna e Wambisa con cui ho avuto il privilegio di stare, sono tornati a toccare la mia anima. È soprattutto l’idea – condivisa da molti popoli indigeni – che “la terra non è un’eredità ricevuta dai nostri padri, ma un prestito da restituire ai nostri figli” che trovo dirompente rispetto ai paradigmi estrattivi che caratterizzano i nostri sistemi.

Ricordo che uno degli anziani del villaggio di Santa Maria de Nieva ci disse che in ogni decisione che prendiamo, dovremmo sempre ascoltare attentamente, prendere seriamente in considerazione e prenderci cura di almeno sette generazioni dopo di noi. Usò la parola “ascoltare attentamente” riguardo a persone non nate e io gli chiesi cosa intendesse e come concretamente si potesse fare. La sua risposta fu semplice: stabilendo un contatto profondo e spirituale con loro e, per non dimenticarcelo, lasciare un posto vuoto al tavolo dove vengono prese le decisioni.

Questa storia mi è tornata in mente nel maggio 2022 in una delle appassionate e profonde discussioni con i miei colleghi partecipanti al programma United Nations Executive Leadership Programme for Sustainable Development – Leading for Systems transformation, collegando nella mia mente la saggezza del leader Awaruna con il rapporto appena pubblicato da Philea Stories of transformation: child and youth participation in philanthropy.

Sono convinta che la partecipazione attiva, libera e significativa dei giovani ai processi decisionali delle nostre organizzazioni filantropiche sia uno dei modi più potenti per prendersi cura e tenere conto delle generazioni future.

Per realizzare l’Agenda 2030 attraverso un sistema multilaterale riformato, il Segretario generale delle Nazioni Unite pubblicherà undici policy brief tra marzo e luglio 2023. I policy brief hanno lo scopo di proporre azioni concrete nell’ambito della agenda comune globale e costituire una base di discussione per gli Stati membri delle Nazioni Unite al vertice sugli SDGs del 2023 e al vertice del Futuro nel 2024. Il primo policy brief, pubblicato il 9 marzo 2023, con il titolo “Pensare e agire per le generazioni future”, fornisce diverse raccomandazioni pratiche per garantire che la solidarietà intergenerazionale diventi la stella polare dello sviluppo sostenibile e del rinnovamento del sistema multilaterale.

Gli enti filantropici, con il posizionamento unico e distintivo che hanno nella società, possono svolgere un ruolo chiave di leadership nello sbloccare il potenziale che oggi risiede in Futures thinking e, grazie alla loro libertà e la capacità di azione, possono iniziare subito processi di coinvolgimento e partecipazione delle giovani generazioni nei processi decisionali.

Il potere di Philea come attivatore di cambiamento

Il potenziale di Philea va ben oltre la somma dei patrimoni, fondi di dotazione ed erogato dei suoi membri.

Philea ha un posizionamento unico per riuscire a raggiungere più di 10.000 enti filantropici con un’influenza diretta su centinaia di migliaia di beneficiari e partner, facilitando l’adozione di pratiche innovative e collegandole a influenti “attori di sistema”, inclusi governi, attori del settore privato e media.

In una visione di cambiamento sistemico, siamo molto più che reti, associazioni di categoria e organizzazioni di supporto e infrastrutturazione; possiamo essere attivatori e agenti di cambiamento, sviluppatori, facilitatori, acceleratori e moltiplicatori di cambiamento sociale per un mondo più equo, democratico e sostenibile.

Noi siamo il cambiamento. Ne siamo parte e ne siamo protagonisti. Un’iniziativa come Future Chair di Assifero può innescare cambiamento mettendo in discussione e attivando la trasformazione interiore a livello individuale e organizzativo, alzando l’asticella della consapevolezza in modo che ogni organizzazione possa poi trovare, individualmente, le proprie soluzioni e metodi.

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