DOPO PIÙ  DI UN ANNO DA CUTRO, L’ACCOGLIENZA IN ITALIA È STATA SMANTELLATA 

“La gente di questi paesi è di un tatto e di una cortesia che hanno una sola spiegazione, qui una volta la civiltà era greca”, scrisse nel 1935 Cesare Pavese in una lettera alla sorella, mentre era confinato durante il fascismo a Brancaleone, un paese della Calabria. La frase di Pavese è stata scolpita sul bronzo di un monumento costruito davanti al municipio di Cutro qualche mese dopo il naufragio in cui il 26 febbraio 2023 sono morte almeno 94 persone, tra cui 35 bambini.

Il monumento, chiamato Symbolon, rappresenta una mano che afferra un pezzo di legno blu, il frammento di un’imbarcazione, mentre è inghiottita da un’onda. Symbolon viene dal verbo greco symballo, che significa unire, soccorrere, aiutare. Il riferimento è all’antico rito dell’ospitalità che prevedeva lo scambio di una tavoletta spezzata in due, conservata sia da chi ospitava sia dall’ospite in segno di riconoscenza.

Vincenzo Luciano, il pescatore che tra i primi è intervenuto a soccorrere i naufraghi, ha ancora quelle immagini impresse negli occhi: “Non penso ad altro da un anno”. Come ogni mattina era venuto sulla spiaggia di Steccato di Cutro per pescare, ma il tempo era cattivo e voleva ritirare le nasse per la pesca delle seppie. Era a bordo del suo fuoristrada quando in lontananza ha visto delle sagome di donne che venivano verso di lui e chiedevano aiuto. Le urla erano molto forti. “Mi sono precipitato sulla battigia, che era piena di cadaveri, c’erano pezzi di legno, bidoni. Sembrava che fosse esplosa una bomba. Non si capiva niente. Per primo ho preso in braccio un bambino, avrà avuto due o tre anni. Era tutto nudo e aveva solo un giubbotto salvagente addosso. Sembrava vivo, aveva gli occhi aperti. L’ho portato in auto, poggiato sul sedile, ma non c’è stato niente da fare. Era morto”. Poi il medico legale ha detto al pescatore che il bambino non era annegato, ma morto di ipotermia: “È morto di freddo, capito?”.

Il reportage della giornalista Annalisa Camilli su L’Internazionale