DEMOLITE LE BARACCOPOLI DI MESSINA, IL RISCATTO PASSA DALLE DONNE

Dopo la demolizione delle baracche, 150 famiglie si sono scelte una casa senza essere spostate in altri quartieri ghetto. Il coraggio delle mamme e la “sfida” alla criminalità nel reportage di Avvenire.

Quelle “delle baracche” sono donne speciali. Tenaci, resilienti e sognatrici le definisce chi le ha conosciute e ha imparato ad andare oltre i pregiudizi. Merito di queste donne se oggi le loro famiglie sono riuscite in una missione che sembrava impossibile, comperarsi una casa di proprietà con un mutuo per portare i loro figli fuori da un ghetto. Ed è merito del progetto Capacity che ha utilizzato i fondi europei per riqualificare la periferia più dimenticata. Capofila è il Comune di Messina mentre la Fondazione di Comunità, ente non profit, è il partner strategico e tecnico che ha ideato il progetto basato su riscatto e legalità.

Nel Sud la vergogna delle baraccopoli non è stata ancora cancellata. Colpa di una miseria che spesso si alimenta con l’emarginazione, di muri invisibili che rendono l’indirizzo di casa uno stigma e del controllo sociale della criminalità organizzata. Maregrosso a Messina ha sempre significato Fondo Saccà e Fondo Fucile, due baraccopoli storiche sviluppatesi dopo il terremoto del 1908, dove sono cresciute intere generazioni e dalle quali si girava al largo, dove l’assegnazione degli alloggi spesso abusivi era diventata appannaggio della mafia. I due quartieri avevano, secondo la Fondazione di comunità, tassi di disagio socioeconomico da record. A Fondo Fucile gli alunni ripetenti nel primo anno della secondaria di primo grado erano il quadruplo della media siciliana (18% contro il 4) e fra il 1990 e il 2018 nelle due baraccopoli si contavano mediamente da 3 a 7 anni di vita in meno in tutte le classi d’età rispetto alle altre zone. Un terzo degli abitanti è morto prima dei 65 anni, e il 3,7% dei decessi è avvenuto nei primi anni di vita. Una povertà che marchiava un’intera esistenza.

«Nelle casette di Fondo Fucile ci sono nata, ci abitavano mio padre e mia madre e i miei nonni – racconta Adele, 35 anni –. Mi sono sposata giovanissima e ho continuato ad abitarci, i miei figli sono nati lì. Cercavo di tenerla ordinata e dignitosa. ma casa nostra era una baracca, ci vivevamo in 4 in 50 metri quadri con tanti problemi. In inverno c’erano infiltrazioni e la fognatura esondava, c’era degrado e chi era più povero soffriva. C’era tanta solidarietà, ma la nostra vita fuori era sempre ai margini». La baraccopoli è stata completamente demolita da poco e le famiglie che vivevano a Fondo Saccà e Fondo Fucile grazie al progetto Capacity, attraverso un lungo percorso compiuto soprattutto dalle donne, si sono scelte una casa senza essere spostate in altri quartieri ghetto. Oltre 150 famiglie e più di 400 persone hanno potuto scegliere un’abitazione e in diversi casi, comprarsela con un mutuo.

«La mia nuova abitazione vale 80mila euro e ho una rata di 150 euro al mese di mutuo da pagare. Così posso farcela»: Adele lavora da quando aveva 18 anni, ha lasciato la scuola a 15. Ha fatto la commessa, la parrucchiera, poi la cameriera.

«L’appartamento è bellissimo, i miei i due figli hanno le loro camerette. A scuola non potevo dire dove abitavo. I miei figli non vivranno quelle umiliazioni, i loro compagni li possono portare a casa tranquillamente. Io non potevo. Noi eravamo etichettati come quelli delle baracche, loro sono come tutti gli altri». Il riscatto di Adele è frutto di un lungo percorso avviato da Capacity insieme agli abitanti di Maregrosso nel centro socio educativo. Tanti incontri per conoscersi e imparare a rapportarsi correttamente con i servizi sociali. In una prima parte di Fondo Saccà smantellata negli anni scorsi, la Fondazione di Comunità di Messina ha costruito casette “ecologiche” a un piano che dal 2015 ospitano il centro socio educativo e abitazioni a uso sociale, il tutto finanziatio con fondi propri e con il supporto di Fondazione Cariplo, di Fondazione Con il Sud e di Caritas Italiana. Qui le donne sono state aiutate dagli operatori a ritrovare fiducia partendo da un’idea rivoluzionaria, la proprietà di una casa è l’accesso alla piena cittadinanza.

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