DALLA ROTTA BALCANICA AL SILOS DI TRIESTE: STORIE DI ABBANDONO E NUOVE VITE 

«Appena ho visto il cartello “Italia”, ho tirato un sospiro di sollievo», confessa Ahmad a La Svolta, uno dei tanti migranti che giungono nel Comune friulano: a pochi metri dalla stazione vivono circa 200 persone, in tende da campeggio sommerse dal fango

Le gambe corrono e spingono valigie di colori diversi. Ci sono telefoni a cui raccontare una partenza, voci che aspettano, invece di sentire che si è tornati a casa.

La Svolta è alla stazione di Trieste: una stazione ferroviaria come tante altre con una piazzetta e un porticato su uno due suoi lati.

Qui è facile incontrare ragazzi che trasportano taniche d’acqua, mentre di sera li si vede in fila in attesa di un piatto caldo. Abitano a pochi metri da questa zona di passaggio, in un silos fatto di strati di cemento e fango. La loro casa è una tenda da campeggio che resiste alla bora e alla pioggia. Toppe di stoffa ne definiscono il profilo, che viene a tratti interrotto da file di spago che sorreggono abiti stesi ad asciugare.

Nel silos si sta vicini per vincere il freddo, in una sfida continua per resistere alla disumanizzazione. In questo cantiere mai terminato, fatto da volte altissime e finestre rotte dall’usura, vivono circa 200 migranti arrivati attraverso la rotta balcanica che cercano a Trieste un luogo di accoglienza dopo la fuga da persecuzioni e guerre nei loro Paesi di origine.

La maggior parte ha tra i 20 e i 30 anni; sono quasi tutti maschi: la rotta balcanica è rischiosa, anche dal punto di vista fisico, per questo gli arrivi di donne e famiglie sono rari. I ragazzi e gli uomini partono quindi da soli o in piccoli gruppi, dal Bangladesh, dal Pakistan o dalla Siria e attraversano altri Paesi per arrivare poi nei Balcani. Proseguono su un corridoio che si snoda tra BulgariaRomaniaSlovenia e Croazia per raggiungere infine l’Italia. Da gennaio a luglio 2023 sono arrivate a Trieste 7.890 persone (secondo i dati del Ministero dell’Interno). Gli arrivi sono aumentati anche durante i mesi invernali, quando solitamente la rotta è meno trafficata, principalmente per il freddo: tra gennaio e marzo dello scorso anno sono arrivate 2.051 persone, oltre il quintuplo delle 370 registrate nello stesso periodo del 2022. Il loro viaggio è pericoloso, segnato da continui respingimenti avvenuti anche all’interno dei confini dell’Unione europea.

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