CRISI DELL’OFFERTA DI LAVORO AL 2030 E AL 2050, INTERVENIRE SULL’INATTIVITÀ 

Come indirizzare (o reindirizzare) l’inattività lavorativa del presente e del futuro? Il rapporto dell’agenzia per il lavoro Randstad research Italia, pubblicato il 19 aprile, dal titolo “Gli inattivi: il lavoro non dichiarato, l’invecchiamento attivo, la sostenibilità al 2030 e al 2050” prova a rispondere a questa complessa ed eterogenea questione, spesso di difficile inquadramento.  

Sotto il cappello dell’inattività lavorativa rientrano infatti due differenti tipi di inattività. Quella “positiva” che riguarda lo studio e la formazione, il tempo dedicato al supporto della famiglia, al volontariato, alle attività di sport e cultura, alla vita sociale e al benessere in generale. E quella “negativa” che riguarda gli ostacoli nella transizione dallo studio al lavoro, l’esclusione o l’uscita forzata dal mondo dell’occupazione, il delicato passaggio al periodo di pensionamento (particolarmente difficile per chi preferirebbe continuare a lavorare), le varie forme di disabilità e fragilità, lo scarso desiderio di contribuire attivamente alla società. Saper gestire e veicolare verso migliori lidi questo genere di inattività è uno snodo cruciale per il mercato lavorativo dei prossimi anni, sia dal punto di vista economico che di coesione sociale. Per questo Randstad ha elaborato una serie di scenari, desiderabili o meno, tra inattività e attività lavorativa, da qui al 2030 e 2050.   

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