CREDIAMO NEL DIALOGO INTERGENERAZIONALE, MA AI GIOVANI INTERESSA PARLARE CON NOI? 

La domanda è meno divertente di quella posta da Marx (Groucho: “perché dovremmo occuparci dei posteri? Che cosa hanno fatto loro per noi”?), ma è certo più fondata. Mai come oggi, mi sembra, abbiamo la sensazione di un profondo distacco tra le generazioni, tanto che è difficile immaginare le caratteristiche di chi raggiungerà l’età matura tra dieci o vent’anni.

Intendiamoci, tutti noi possiamo trovare conforto pensando ai nostri figli e nipoti (ogni scarrafone…) e sperare che non dimentichino il nostro bagaglio di cultura e di valori. Ma se guardiamo alle caratteristiche complessive della generazione Z (nata a cavallo tra la fine del 20° e l’inizio del 21° secolo), della successiva generazione Alpha o ci chiediamo come saranno le Beta e Gamma, è facile avvertire che siamo di fronte a un’umanità “diversa”, una diversità che in molti casi ci mette a disagio e ci interroga sul futuro. È ovvio che parliamo di generalizzazioni ma, scusate il bisticcio, si tratta di generalizzazioni generalmente avvertite.

Anche i giovani impegnati nelle associazioni per lo sviluppo sostenibile, come quelli che partecipano al Gruppo di lavoro “Organizzazioni giovanili” dell’ASviS, ci avvertono che c’è un 80% del mondo giovanile che resta impermeabile a forme concrete di impegno per un futuro migliore. Dunque non parliamo dei giovani privilegiati per censo e per cultura  e neppure dei giovani del team ASviS e dei tanti impegnati a vario titolo nelle organizzazioni della società civile,  particolarmente attenti a come si evolve il mondo, ma degli “altri”, che sono comunque la maggioranza di quelle che chiamiamo “giovani generazioni”. Un mondo giovanile che non è privo di propri valori, a cominciare dalla solidarietà che spesso si esprime in adesione a forme di volontariato, e da una generica preoccupazione per le sorti del Pianeta, magari con la partecipazione a manifestazioni di massa. Sembra però mancare in questa maggioranza di giovani la disponibilità al dialogo con le generazioni adulte (il che non è una novità) e la capacità di individuare percorsi costruttivi per trasformare il disagio in azione per un futuro sostenibile, come dimostra anche la scarsa partecipazione politica. 

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