COSE DA FARE DOPO IL 25 NOVEMBRE: UNA PROPOSTA DI PIANO D’AZIONE MASCHILE

È triste che per portare tutta questa gente a manifestare ci siano volute la morte di una ragazza e l’indisponibilità di sua sorella a interpretare il ruolo della parente chiusa nel suo dolore, ma indietro non si torna. E quest’anno, più che gli altri anni, la partecipazione maschile è stata rilevante, si direbbe quasi massiccia. Uomini e ragazzi hanno sempre sfilato il 25 novembre, come lo fanno l’8 marzo, ma questa volta erano veramente tanti. Questa volta, più che altre volte, la presenza maschile era visibile e significativa.

Le manifestazioni del 25 novembre non sono l’inizio di qualcosa di nuovo. Bisogna pensarle più come l’ultimo episodio con finale trionfante della nuova stagione di una serie che va avanti da decenni: il cast si è rinnovato, molte facce non ci sono più e ne sono subentrate altre, ma la storia è sempre la stessa, sempre quella dei movimenti femministi che ogni tanto danno uno strappo, tirano la storia da un’altra parte. È successo nel 2017, con i movimenti antimolestie. Sta succedendo ora, dopo che per anni le donne e i collettivi transfemministi hanno lavorato senza ricevere grande attenzione o credito da parte della popolazione generale, ma esattamente come i movimenti antimolestie devono vedersela con l’ostilità dei media nazionali, della stampa conservatrice filogovernativa e megafono dell’estrema destra, e con le reti televisive ormai quasi del tutto in mano ai partiti di maggioranza.

I movimenti femministi lavorano già da molto tempo per emancipare le donne e le soggettività LGBTQ+. Quello che manca è un movimento degli uomini eterosessuali e cisgender, gli unici a non avere ancora affrontato il percorso collettivo di analisi e decostruzione della loro identità all’interno del patriarcato. Tutte le altre soggettività sono state costrette a farlo, perché ne andava e ne va tuttora della loro vita, libertà e autodeterminazione. Gli uomini eterocis no. E a giudicare da quello che ho visto sabato, direi che la volontà c’è: manca un piano per farlo.

Spunti di riflessione di Giulia Blasi, continua a leggere qui


Cosa serve, dunque, per attivare una relazione di fratellanza e non soltanto di cameratismo? È molto semplice, ma al tempo stesso difficilissimo: occorre creare un ambiente protetto, libero da competizioni, invidie, bugie. Solo a leggere l’ultima riga si potrebbe pensare “Duh! Non è la definizione stessa di amicizia una relazione libera da competizioni, invidie e bugie?”… e invece non è così scontato ribadirlo. Siamo umani (maschi, femmine e persone transgender, peraltro) e le cattive abitudini o i difetti di carattere ce li abbiamo tutti – a volte non basta una vita a lavorarci su. 

Una cosa è certa: parlare con un altro maschio non sempre è facile. Dipende dal carattere, molti non sono proprio abituati a esprimere i propri sentimenti (una caratteristica tradizionalmente associata al femminile) e forse è per questo che si dice che chi trova un amico trova un tesoro. La disabitudine a comunicare a livello emotivo per i maschi è causa di comportamenti potenzialmente autodistruttivi, come gli eccessi nel fumare, nel bere e nel mangiare. Sono comportamenti che in qualche modo funzionano da sostitutivi per riempire un vuoto dentro di sé.

Il vuoto che sentiamo dentro non può essere riempito da oggetti, cibo, droghe o quant’altro. Può essere riempito soltanto entrando in relazione con gli altri. Entrando in una relazione reale e sana, ovviamente. Quindi non semplicemente in una relazione di cameratismo, ma in una relazione di fratellanza o in una relazione amorosa. L’ho probabilmente già detto, ma lo ridico: la nostra personalità si definisce e si arricchisce soltanto in relazione all’altro. Ma fin dall’adolescenza – un periodo complicato in cui si fa finta di sapere tutto, o si fa mostra di disprezzare tutto – per noi maschi questo è quasi impossibile: vogliamo aderire ad un conformismo di facciata per paura di perdere il “fluido aggregante” del cameratismo. Ed è da quel momento che spesso ci precludiamo un confronto sano con le diversità delle altre persone, proprio quando questo sarebbe più prezioso.

Una riflessione sul cambiamento di paradigma che sarebbe così utile al genere maschile, di Pietro Izzo