CONTRO IL CONSUMO DI SUOLO IN ITALIA UNA LEGGE E NUOVI MODELLI PRODUTTIVI

Circa l’80% della superficie terrestre europea è stata modellata dalle attività umane: ricoperta da edifici, strade, infrastrutture industriali o utilizzata per l’agricoltura. Il modo in cui utilizziamo il territorio costituisce uno dei principali fattori di degrado ambientale e cambiamento climatico. Prendiamo il consumo di suolo, inteso come l’aumento nel tempo delle superfici artificiali. In Italia continua la tendenza negativa, come conferma l’ultimo rapporto Ispra pubblicato a ottobre: cementifichiamo 2,4 metri quadrati di suolo al secondo, solo in piccola parte compensati dal ripristino di aree naturali, perlopiù associato al recupero di aree di cantiere o di altro suolo consumato reversibile. L’obiettivo di azzeramento del consumo di suolo netto, previsto dall’Agenda 2030 e dai piani europei, si allontana: 70,8 chilometri quadrati svaniti in un solo anno (2022), 19,4 ettari al giorno, di cui 14,8 chilometri quadrati di consumo permanente. Il 10,2% in più rispetto al 2021. Le aree più critiche? La Pianura padana, la costa adriatica e le aree metropolitane di Roma e Napoli. La logistica e la grande distribuzione organizzata rientrano tra le principali cause di consumo di suolo. Le grandi infrastrutture rappresentano l’8,4% del consumo totale. “Ritmi non sostenibili”, denuncia l’Ispra, “dovuti alla mancanza di interventi normativi efficaci e all’attesa di un quadro normativo omogeneo a livello nazionale, quantomai necessario alla luce delle note fragilità geologiche e morfologiche del nostro Paese”.

Serve dunque una svolta, a partire dalla tanto attesa legge sull’arresto del consumo di suolo e la sua rigenerazione, che l’Italia non ha ancora. Come ricostruisce Avvenire, la prima proposta di legge per la limitazione del consumo di suolo risale al 2012, mentre le cinque proposte presentate nella scorsa legislatura sono rimaste soffocate nei cassetti. Ora il governo pare intenzionato ad accelerare i tempi: “Noi affronteremo la questione” del consumo di suolo, ha dichiarato pochi mesi fa, a margine dell’inaugurazione di Ecomondo, il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin. “Abbiamo intenzione come governo”, ha aggiunto, “di presentare nei tempi dovuti una legge quadro perché queste competenze sono poi ripartite a livelli regionali e comunali; legge quadro che deve avere proprio come ridisegno il consumo del suolo”. In effetti negli ultimi anni molte regioni si sono poste il problema e hanno iniziato a legiferare in materia o con provvedimenti ad hoc. Il quadro complessivo è quello di competenze istituzionali sempre più frazionate. In una recente puntata di Alta sostenibilità, la trasmissione dell’ASviS su Radio RadicaleEnrico Giovannini, ex ministro del governo Draghi e ora direttore scientifico dell’Alleanza, ha spiegato: “Nella scorsa legislatura eravamo arrivati a un pelo dell’approvazione da parte del Senato della legge sulla rigenerazione urbana. In uno degli articoli della legge dei criteri generali si fissava e salvaguardava il buon lavoro di alcune regioni e comuni. Per questo spero che quella legge possa procedere molto rapidamente”. Ma, ha avvertito Giovannini, “diversa è la sua attuazione: anche con una legge, ci troveremmo con una serie di regole tecniche e urbanistiche vecchissime. Non si si parla di norme primarie, ma di regolamenti. È molto difficile fare rigenerazione urbana: le nostre città sono state costruite in gran parte nel secondo dopoguerra, con criteri abbastanza obsoleti”.

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