CONGEDO DI PATERNITÀ: 10 GIORNI NON BASTANO A 3 UOMINI SU 5 

Come ogni anno, la festa del papà è un’occasione per riflettere come sta cambiando la figura del padre e quanto, ancora nel 2024, la cura dei figli sia ancorata a ruoli di genere stereotipati in cui la donna sta a casa a “fare la mamma” e l’uomo-breadwinner si avventura nel mondo per portare a casa la pagnotta a suon di avanzamenti di carriera. Da questo punto di vista, la riflessione sul congedo di paternità è una prospettiva privilegiata per capire se e come le cose stanno cambiando, e in che misura.

Dall’agosto 2022, i padri devono assentarsi per 10 giorni (retribuiti), anche non continuativi, entro un arco temporale che va dai 2 mesi precedenti alla data presunta del parto ai 5 successivi. Non è (o non dovrebbe essere) è una possibilità offerta solo ai neopapà pieni di buona volontà, ma un diritto e un dovere (o almeno dovrebbe esserlo) che le aziende sono obbligate a garantire ai loro dipendenti.

Il decreto legislativo 30 giugno 2022, n. 105, all’articolo 27 bis stabilisce che “Il padre lavoratore, dai due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi, si astiene dal lavoro per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili a ore, da utilizzare anche in via non continuativa. Il congedo è fruibile, entro lo stesso arco temporale, anche in caso di morte perinatale del figlio”.

Secondo i dati Inps, però, nel 2022 ne ha usufruito il 64,07% dei lavoratori. Certo, un numero più alto rispetto alle percentuali degli anni precedenti (in cui era ancora più ristretto: 1 solo giorno fino al 2020, 7 dal 2020 al 2022) ma comunque ben lontano dal totale. Senza considerare i lavoratori a partita Iva, che hanno un indennizzo economico ma non rientrano nel congedo parentale vero e proprio.

Il dato non dovrebbe stupire, non solo se pensiamo che in moltissimi ambienti di lavoro il giudizio verso chi decide di usufruirne è ancora molto duro e stereotipato (e che ancora il nostro Paese etichetta come “mammi” gli uomini che si prendono cura dellǝ propriǝ figliǝ) ma soprattutto se consideriamo che non tutti conoscono la sua esistenza: ne è a conoscenza il 76% degli uomini e il 72% delle donne. Solo il 13% (e il 14% delle donne) ne conosce i dettagli.

Ribaltando le percentuali, questo significa che quasi 3 uomini su 10 non sanno nemmeno che devono assentarsi dal lavoro e che quasi 9 non sanno con precisione come funziona questo particolare tipo di congedo.

A dirlo è l’indagine Cosa ne pensano gli italiani del congedo di paternità realizzata dall’Osservatorio D, un progetto di ricerca e di monitoraggio dell’opinione pubblica frutto della collaborazione tra Valore D e Swg, in occasione della festa del Papà, che ha approfondito la tematica dei congedi parentali e i sentimenti che caratterizzano uomini e donne quando si parla di paternità.

Dall’indagine emerge anche un altro dato: una volta spiegato il funzionamento del congedo, 3 uomini senza figli su 5 dichiarano che un congedo di 10 giorni non è sufficiente e vorrebbero “che fosse esteso a un periodo da 1 a 3 mesi, in modo da essere più presenti alla nascita (per il 38%) ed equiparato al congedo di maternità per il restante 24%”.

Leggi l’articolo completo di Costanza Giannelli su Lasvolta.it