CO-PROGETTAZIONE E IL SISTEMA GIURIDICO AMMINISTRATIVO IMPERMEABILE AL CAMBIAMENTO 

La co-progettazione, così come disciplinata dall’art. 55 del Codice del Terzo settore, è “la procedimentalizzazione dell’azione sussidiaria” (Corte costituzionale, sentenza n. 131 del 2020).

Quanti, tra coloro che, a vario titolo, si occupano di enti non profit e di processi collaborativi con le pubbliche amministrazioni, non hanno sentito o letto almeno il passaggio della sentenza citata? Quest’ultima non è stata forse salutata e intesa quale “sentenza storica”, capace di tracciare una chiara ed inequivocabile linea di demarcazione tra un “prima” e un “dopo” nella concettualizzazione (e quindi applicazione) della co-progettazione e delle relative caratteristiche, ratio e finalità?

Molti interpreti hanno, quindi, voluto leggere nella sentenza n. 131 una “risposta” all’approccio riduzionistico ovvero marginale agli istituti giuridici cooperativi espresso nel noto parere del Consiglio di Stato del 2018.

Non può revocarsi in dubbio, pertanto, che la sentenza de qua rappresenti un faro, un sicuro punto di riferimento, i cui contenuti sono finanche riportati in molti avvisi di co-progettazione, nella parte di premessa ovvero nelle fonti normative – interpretative a sostegno della scelta delle pubbliche amministrazioni di intraprendere i processi collaborativi con gli Enti del Terzo settore per la realizzazione di una o più delle attività di cui all’art. 5 del Codice del Terzo settore.

È inoltre altrettanto indubitabile che la sentenza n. 131 del 2020 costituisca uno stimolo, un supporto e un parametro su cui fondare l’azione delle amministrazioni pubbliche e degli Enti del Terzo settore, in particolare in quanto la pronuncia in parola ha legittimato l’equiordinazione tra co-progettazione e procedure competitive.

Tuttavia, nonostante l’art. 55, la sentenza n. 131, le numerose leggi regionali, che, a seguito dell’approvazione del Codice del Terzo settore, si sono susseguite in questi anni, nonché i numerosi (ormai) regolamenti di enti locali e aziende sanitarie che disciplinano i rapporti giuridici con gli Enti del Terzo settore, si assiste ancora – e i casi non sono così infrequenti, come ci si potrebbe immaginare – ad una certa impermeabilità delle decisioni politico-amministrative all’utilizzo degli istituti giuridici cooperativi. Anzi, per vero, si può evidenziare un certo uso strumentale dei medesimi, quando essi – mutuando un’espressione del diritto anglosassone – una volta “alzato il velo” sulla forma con cui gli avvisi sono predisposti, si comprende che la procedura “nascosta” è, nella sostanza, una procedura competitiva dissimulata.

L’articolo di Alceste Santuari su Welforum.it