CASO FERRAGNI, LA GARANZIA È IL TERZO SETTORE

Il caso dei pandori Balocco “griffati” Chiara Ferragni porta nuovamente il dibattito pubblico a riflettere sulla centralità della trasparenza e dell’affidabilità quando si attivano raccolte pubbliche di fondi ispirate alla solidarietà senza passare per il Terzo settore. E di nuovo, come accade quasi ciclicamente, ci si interroga sulla necessità di nuove regole e vincoli per evitare che si ripetano attività ai danni dei donatori. Ma vi è davvero la necessità di nuove regole e cosa manca davvero in Italia per evitare nuovi “casi Ferragni”?

Per rispondere a questa domanda bisogna prendere le mosse da una premessa di fondo, ovvero dal fatto che le raccolte fondi non si distinguono solamente in base all’obiettivo più o meno meritevole che perseguono ma in funzione dei soggetti che le attivano e delle regole seguite. Esiste già in questo Paese una sorta di “bollino di garanzia” delle donazioni che si chiama Terzo settore ed esistono regole di trasparenza che devono essere applicate quando si attiva la generosità dei donatori contenute nel codice del Terzo settore e nelle linee guida adottate dal ministero del Lavoro.

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