COSA SIGNIFICA ESSERE UN “MUSEO GENTILE”? INTERVISTA A MONICA LOFFREDO, DIRETTRICE FONDAZIONE ROVATI

In poco più di un anno dall’inaugurazione del museo, l’impegno della Fondazione Rovati per il benessere dei visitatori ha già avuto modo di distinguersi. A fare da guida nella scelta delle azioni da svolgere, è l’ideale di essere un “Museo gentile”. “Un luogo in cui un senso di cura sia percepito da tutti coloro che lo vivono” – sono queste le parole usate dalla Direttrice Monica Loffredo per descrivere la realtà di cui è a capo. Realtà, che si muove secondo un codice etico delineato in otto punti precisi: conoscenza, espansione, inclusione, creazione, spazio, estetica, relazione, utilità sociale. Ed è proprio quest’ultimo – l’utilità sociale – a evidenziare in modo forte il valore dell’arte e della cultura per la società. Per la salute, e per il benessere di tutti i cittadini. Forte di questo credo, il Museo si sta adoperando sempre più in concreto per rendersi utile al pubblico, favorendo accessibilità e inclusione, ma anche promuovendo la diffusione del suo messaggio.

La Fondazione Rovati è radicata nel legame tra cultura e benessere. La vostra mission parla chiaro: fare dell’arte e del museo uno strumento di utilità sociale. Ci dica di più. 

L’impegno e l’attività della Fondazione Luigi Rovati sono definiti da otto “codici” che ci guidano nella scelta delle nostre azioni e relazioni. L’utilità sociale si concretizza attraverso la cultura, vista come attività necessaria al raggiungimento del benessere individuale e collettivo. Un principio presente anche nella stessa Costituzione italiana. Accanto all’utilità sociale, c’è l’inclusione. Un cardine delle attività della Fondazione e del Museo d’arte, arricchito dall’interazione con persone e pubblici diversi.

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