QUALE FUTURO PER LO SVILUPPO NELLE AREE INTERNE MONTANE?

Il Position paper del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 11, al quale partecipano Fondazione Aem – Gruppo A2A, Fondazione Èbbene, Fondazione Edoardo Garrone e Fondazione Unipolis, definisce la via per la sostenibilità dei territori. È necessaria un’Agenda per lo sviluppo sostenibile per le aree interne e la montagna elaborata dal Cipess.

Il Position paper “Le aree interne e la montagna per lo sviluppo sostenibile”, redatto dal sottogruppo “Aree interne e Montagna” del Gruppo di lavoro dell’ASviS sul Goal 11 (Città e comunità sostenibili) e reso pubblico il 31 gennaio, descrive le difficoltà delle e degli abitanti delle aree interne e montane, illustrando al contempo le possibilità legate alle caratteristiche di questi luoghi; possibilità che, grazie ad adeguate politiche, possono rivelarsi delle opportunità per costruire un futuro più sostenibile. Il Paper offre un esame delle politiche per questi territori e si chiude con una serie di buone pratiche per uno sviluppo sostenibile delle aree interne e montane.

I luoghi in cui si gioca il futuro della biodiversità. A distinguere le aree interne e montane rispetto al resto del Paese è prima di tutto la grande concentrazione di biodiversità: infatti il 50% dei cosiddetti hotspot di biodiversità si trova in montagna. Sono luoghi dove la flora e la fauna continuano a vivere in un contesto originario e per questo motivo la fragilità dell’equilibrio che garantisce la riproduzione della biodiversità è molto alta. Il documento realizzato dall’ASviS mira quindi a sottolineare la necessità di salvaguardare questa specificità, senza però dimenticare quanto sia importante la convivenza tra insediamenti urbani e natura. È infatti necessario garantire una continuità di produzione sostenibile dei servizi ecosistemici, perché è da essi che deriva la vivibilità sia dei territori montani e interni che di quelli a intenso sviluppo urbano e metropolitano.

Fragilità. Il rischio maggiore è rappresentato dalle profonde disuguaglianze di tipo economico, sociale, territoriale e geomorfologico che vivono gli abitanti delle aree interne e montane. Lo spopolamento, il difficile accesso alla sanità, all’istruzione (sia di primo che di secondo livello) e la mancanza di opportunità lavorative, soprattutto per le giovani generazioni, sono i principali fattori che determinano il dislivello di tenore di vita delle comunità interne e montane rispetto a quelle urbane e situate a valle.

Dai limiti alle opportunità. I limiti, evidenzia il documento, possono diventare delle grandi opportunità se affrontati adeguatamente: seguendo questo ragionamento i territori non urbani devono perseguire percorsi che li rendano più attrattivi, sia per dare la possibilità a chi nasce in queste zone di poterci rimanere, sia per accogliere chi decide di uscire dai contesti metropolitani. Il capitale naturale, meglio preservato rispetto alle aree urbane e di pianura, la tradizione artigiana e le storiche pratiche agro-silvo-pastorali, sono solo alcuni dei punti di forza su cui le zone montane possono contare. Inoltre questi territori sono le fonti da cui le città traggono risorse fondamentali per la loro sopravvivenza (acqua, legno, energia, pietra…).

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