VESAN: ALLA FILANTROPIA ISTITUZIONALE SERVE PIÙ CAPACITÀ DI AZIONE POLITICA

Gli enti filantropici sono portatori di conoscenza e valori che dovrebbero incidere sui processi decisionali, anzitutto per combattere le diseguaglianze a tutto campo

Fondazione Bracco, in collaborazione con Percorsi di secondo welfare, ha deciso di promuovere un ciclo di approfondimenti sulle Fondazioni di impresa italiane coinvolgendo osservatori privilegiati, studiosi ed esperti di varie discipline. L’obiettivo, alla luce delle nuove e complesse sfide sociali sollevate dalla pandemia di Covid-19, è ragionare trasversalmente sul ruolo che le Corporate Foundations del nostro Paese stanno giocando, e potranno giocare nel prossimo futuro, inserendo tali riflessioni in un una cornice analitica il più possibile ampia e articolata.

A questo scopo ci siamo confrontati con Patrik Vesan, docente di “Politiche sociali e del lavoro” presso l’Università della Valle d’Aosta, membro del Consiglio nazionale di Assifero e del comitato esecutivo della Fondazione comunitaria della Valle d’Aosta. Di recente Vesan è stato inoltre nominato come “mentor” dell’International Fellow Program del Center on Philantrophy and Civil Society della City University of New York (CUNY).

Dal tuo osservatorio privilegiato, a cavallo tra il mondo accademico e il mondo delle fondazioni, quali sono i tratti che caratterizzano il modello italiano di filantropia istituzionale?

Difficile parlare di un vero e proprio modello. La filantropia istituzionale in Italia è in effetti ancora molto giovane dal momento che si è sviluppata prevalentemente negli ultimi vent’anni. Se pensiamo al caso degli Stati Uniti d’America dove essa invece può vantare una storia di almeno 150 anni, allora è facile comprendere le differenze. Questo non significa che in Italia la filantropia, in quanto azione individuale e sociale, sia un fenomeno recente, tanto è vero che alcune organizzazioni filantropiche hanno una storia millenaria. Ma ciò che caratterizza nel nostro Paese la filantropia istituzionale propriamente detta è l’ancora limitata strutturazione interna, vale a dire le deboli capacità istituzionali delle fondazioni e la loro tendenziale scarsa patrimonializzazione.

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