UGUAGLIANZA DI GENERE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE: UN TEMA STRATEGICO PER TRASFORMARE IL MONDO

È ormai un dato acclarato che uno sviluppo realmente sostenibile sia impossibile in presenza di disuguaglianze di genere. Per questo l’obiettivo 5 dell’Agenda 2030 si concentra su questa tematica.

Sappiamo che le disparità di genere costituiscono uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo sostenibile, alla crescita economica e alla lotta contro la povertà. L’obiettivo 5 dell’agenda ONU 2030 fornisce le linee su cui i governi devono concentrare i loro sforzi. È dunque necessario agire concretamente questa sfida epocale e universale: cambiare tutto, oppure perdere irreparabilmente la possibilità di guardare al futuro, di investire sul futuro, anche in termini creativi.

Si tratta allora di andare ben oltre la questione di parità di genere o di giustizia sociale. Infatti per l’Obiettivo 5 dell’Agenda ONU 2030, la parità di genere, l’emancipazione e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze non è un tema tra gli altri, ma il TEMA strategico che trasversalmente segna tutti gli altri obiettivi. Nessuno di essi può esser affrontato senza quella lente di genere che prevede un ruolo attivo, di protagonismo e di empowerment delle donne, nessuna società può prosperare se spreca, disperde, saccheggia la metà delle sue risorse umane.


Obiettivi ambizioni e stato dell’arte

Chi parla di obiettivi ambiziosi, ancora una volta dimentica o rimuove che questi obiettivi hanno una lunga storia di battaglie condotte negli anni dalle donne, battaglie che hanno avuto il loro apice nella Quarta Conferenza Mondiale sulle donne di Pechino e il Forum delle ONG che si svolsero tra il 4 e il 15 settembre 1995, nella capitale cinese e nella provincia di Hanoui.
Un momento storico, perché è da Pechino, 25 anni fa, che i movimenti delle donne di tutto il mondo hanno affermato la loro pretesa di “guardare il mondo con occhi di donna” e hanno urlato che “i diritti delle donne sono diritti umani”.

Parole chiave come “punto di vista di genere”, “empowerment”, “mainstreaming”, “rete”, da allora sono entrate nel dibattito femminista e anche in quello di governi e società. “Eguaglianza, sviluppo, pace” furono le parole chiave di questa quarta edizione. Quanto ai temi, religione, economia, formazione, mass media, guerra, comunicazione, sessualità, rappresentarono, attraverso i nessi che le donne presenti costruirono, una diagnosi globale dei problemi delle donne per poi passare alla elaborazione di una strategia mondiale per affrontarli.

La Piattaforma d’azione di Pechino, sottoscritta da 189 Paesi, divenne il documento ufficiale alla base di questa strategia e fu articolata in dodici aree critiche per la condizione femminile: povertà, istruzione e formazione, salute (sessualità), violenza contro le donne, conflitti armati, economia, potere e processi decisionali, meccanismi per favorire il progresso, diritti fondamentali, media, ambiente, bambine.
Il documento stabilì anche i meccanismi e gli obiettivi che ogni Stato avrebbe dovuto darsi per la partecipazione attiva delle donne nella vita pubblica e privata.

In 25 anni molto è stato fatto. Ma quanto ancora si potrebbe e dovrebbe fare esattamente sulle stesse dodici aree critiche e, in particolare, per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Agenda 2030?

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