TRENT’ANNI DOPO LE STRAGI DEL ‘92, L’INDIFFERENZA È LA SCONFITTA DELL’ANTIMAFIA

Tre decenni fa la mafia uccideva i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino insieme a Francesca Morvillo e ai ragazzi delle loro scorte. Nel giorno in cui si ricordano gli eroi di quel tragico 19 luglio, pochi giorni dopo la sentenza di assoluzione per prescrizione dei poliziotti accusati di calunnia aggravata nel processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio, ci si interroga sul ruolo che ha avuto in questi anni l’antimafia.

«Trent’anni sono trascorsi e quello che mi rimane sono le spalle piene di lividi dalle tante pacche che ogni anno mi hanno date. Meno male che sono arrivato solo nel pomeriggio in via D’Amelio perché non so cosa avrei detto a quei personaggi che, come al solito, si presentano e fanno la consueta passerella. Forse, però, avrei chiesto loro dove sono e cosa fanno nei restanti 364 giorni dell’anno? ».

È profondamente addolorato Luciano Traina, ex poliziotto e fratello di Claudio, uno degli “angeli” di Paolo Borsellino che quella tragica domenica di 30 anni fa rimase ucciso insieme al giudice e agli agenti della scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli e Walter Cosina.

«Siamo davanti a uno Stato che sa solo fare uscire i mafiosi dal carcere. Quello che è successo la scorsa settimana, l’assoluzione per prescrizione, è veramente vergognoso. Non lo accetto e non lo accetterò mai».

Per Luciano Traina, un grande ruolo avrebbe dovuto averlo l’antimafia che, però, è stata solo “parolaia”; un’antimafia che, in occasioni come il 23 maggio e il 19 luglio, ma anche in tuitte le altre commemorazioni di vittime innocenti delle mafie, è stata troppo spesso silente, se non addirittura connivente.

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