STRATEGIA E GENERE: UN’ESPERIENZA IN FILANTROPIA

Come il “discorso sul genere” e le sue implicazioni trovano applicazione concreta nella Fondazione Compagnia di San Paolo.

Come i valori possono diventare azioni in un determinato orizzonte temporale? Questa è più o meno la domanda alla quale cercano di rispondere tutti i Piani strategici, compresi quelli che la normativa richiede alle fondazioni di origine bancaria, in una fase in cui la prospettiva strategica sta diventando sempre più esplicita nel mondo della filantropia istituzionale.
Per la Fondazione Compagnia di San Paolo – fondazione filantropica, cioè che lavora “a favore degli esseri umani: oi anthropoi, donne e uomini” – questo accade a scadenza quadriennale e il nuovo Piano è stato pubblicato il 29 gennaio 2021. Si tratta di un documento piuttosto ampio, facilmente reperibile sul sito web www.compagniadisanpaolo.it, che può offrire qualche elemento di interesse al dibattito di “Letture Lente” sulle diseguaglianze di genere. In effetti, una delle domande che il Piano si pone è: si può oggi fare strategia senza porre al centro la questione della parità di genere? Questo pezzo non procederebbe se ci fossimo dati una risposta negativa. Vediamo come ci siamo arrivati.
Il Piano ha due meta-obiettivi e una griglia di lavoro. È una dichiarazione di direzione in primo luogo per i partner della Compagnia, che propone alcune regole del gioco a coloro che sono interessati a collaborare con la fondazione e chiarisce le mete che ci proponiamo; è anche per la Compagnia medesima una architettura istituzionale piuttosto complessa e interattiva, una bussola che consente a governance e struttura di calibrare e verificare la propria progressione. È inoltre un documento fortemente contestualizzato, sia riguardo alle condizioni interne della fondazione, sia, soprattutto, al periodo storico in cui è venuto a maturazione.
L’assunto è, in fine dei conti, semplice: la crisi Covid ha accentuato, talvolta parossisticamente, le fragilità e le questioni irrisolte ai diversi livelli, internazionale, europeo, italiano, locale. Non si è trattato di una semplice turbolenza, ma, se così si può dire, di una conferma sistemica – ahimè a caro prezzo – del senso di quelle prospettive che mettono al centro lo sviluppo sostenibile e la resilienza delle società umane e dei territori ad ogni scala. La Compagnia ha così deciso di integrarsi in quello sforzo collettivo che ha il nome di Agenda 2030 dello Sviluppo sostenibile e nelle politiche che, dichiaratamente in coerenza con quest’ultima, sono in queste settimane in formazione sul piano europeo e nazionale: dalla Recovery facility, al piano Next Generation EU, al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Riteniamo infatti, come ormai moltissimi, che queste misure abbiano la possibilità di avere successo se, oltre ad essere fatte proprie dagli Stati, vedranno la cooperazione convergente di tutti i produttori di policy – anzi, a ben vedere, di tutte le entità capaci di decisione, fino ai singoli cittadini e cittadine.
Nel Piano abbiamo parlato di allineamento, che è uno dei modi per dire, in questo momento, sussidiarietà: partecipare alla realizzazione dei beni comuni, ad esempio come sono descritti nel sistema dei Sustainable Development Goals dell’Agenda 2030, ciascun attore secondo la specificità della propria missione e del proprio ruolo.
Altra caratteristica del Piano è aumentare l’impatto delle risorse che la Compagnia può mettere in campo, tramite l’ampliamento di strumenti di miglioramento duraturo non soltanto delle modalità di spesa, ma anche della resilienza e dell’efficienza organizzativa dei nostri partner – dal terzo settore agli enti locali alle istituzioni di ricerca, educazione e cultura; nonché attrezzarci a riscontrare il livello di funzionamento delle nostre azioni per mezzo di obiettivi monitorati anche quantitativamente.

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