PIANO DIGITALE DEL MIC, LAURA MORO: “ORIENTATO A MASSIMIZZARE LA CONDIVISIONE DEI DATI”

Il Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale (PND) del Ministero della Cultura è finalmente online e pienamente operativo. Guiderà archivi, biblioteche, istituti centrali e luoghi delle cultura statali che possiedono, tutelano, gestiscono e valorizzano beni culturali nell’ambito del processo di trasformazione digitale per il quinquennio 2022-2026. Questa visione strategica e di azione sul digitale, inoltre, rappresenterà anche un punto di riferimento essenziale per tutto il mondo delle istituzioni culturali che non ricadono nel recinto del ministero. Ma non sarà un’imposizione dall’alto. “Vorrei che fosse un piano che lavori più di leadership che di autorità” spiega ad Agenzia CULT Laura Moro, direttrice della Digital Library del Ministero e regista delle linee guida.

Il Piano, a metà maggio, è stato sottoposto per oltre un mese al vaglio di una consultazione pubblica che ha segnalato alcune criticità, ma che nel complesso ha promosso a pieni voti la visione del documento nella sua complessità, apprezzando in particolar modo la scelta di aprirsi ai ‘raggi X’ di osservatori esterni. “Abbiamo accolto quasi tutte le indicazioni tecniche che ci sono state segnalate – spiega Moro -, abbiamo reso più chiaro il Piano e le relazioni interne. Abbiamo definito e dichiarato le policy e gli obiettivi della nostra politica pubblica. Per quanto riguarda il digitale, la parte abilitante sarà realizzata tramite il PNRR. Non è un piano fatto solo di parole, ma a queste parole corrisponderanno delle azioni. Abbiamo quindi recepito i commenti più tecnici e puntuali, abbiamo cercato di dare maggiore chiarezza e coerenza al piano, senza tuttavia modificarne l’impostazione e il linguaggio”.

Moltissimi commenti sono arrivati sugli aspetti normativi. “Molti si aspettavano che fosse introdotto completamente l’open access anche per i beni culturali – chiarisce la direttrice della Digital Library -. Il Piano è una linea guida che funziona a legislazione vigente. L’open access non è compatibile con il Codice dei Beni culturali. Ci sono varie istanze e le policy pubbliche sono fatte per contemperarle. Con le linee guida abbiamo occupato tutto lo spazio consentito dalla normativa attuale, creando il contesto culturale pubblico nel quale sperimentare consapevolmente usi e riusi dei dati”.

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