LOTTA ALLE DISUGUAGLIANZE E CRESCITA: QUANTO COSTA FARE A MENO DELLE DONNE?

Nonostante le qualità mostrate nella gestione politica, le donne sono ai margini della vita amministrativa ed economica di molti Paesi del mondo. Una zavorra insostenibile per il futuro.

A un anno dalla comparsa del Coronavirus, e nonostante la fiducia e la tenacia con la quale i cittadini italiani si sono sforzati a tenere in piedi il sistema produttivo nelle fasi più acute della pandemia, i dati tendenziali pubblicati dall’Istat fotografano tutta la violenza con cui il Covid-19 ha colpito la società. Nel nostro Paese durante il secondo trimestre del 2020 si è registrato un calo di due punti percentuali del tasso di occupazione rispetto allo stesso periodo dell’anno prima. Un crollo dell’occupazione che si è tradotto nella scomparsa di 788 mila posti di lavoro, come è fotografato dai dati del Rapporto Bes, la pubblicazione dell’Istat che misura la diffusione del benessere equo e sostenibile.

Lavoro, pandemia e differenze di genere

Tuttaviase, in generale, nell’ultimo decennio si è assistito a un progressivo divaricamento dei tassi di occupazione italiani con quelli europei, tutti i dati indicano che negli ultimi mesi il fenomeno ha raggiunto dimensioni davvero insostenibili per quello che riguarda le donne. Un problema che impoverisce tutto il sistema produttivo e il mondo del lavoro: nel 2010, il tasso di occupazione femminile nella classe di età compresa tra i 20 e i 64 anni in Italia era di 11,5 punti più basso rispetto alla media europea. Nel 2020 il distacco ha raggiunto i 14 punti: in un quadro già compromesso la pandemia ha avuto un ruolo dirompente.

In un editoriale pubblicato il 9 marzo sulla Stampa dal titolo “Ora noi donne chiediamo fatti”, Flavia Perina richiama l’attenzione del nuovo governo su questo tema. L’assoluta prevalenza femminile nei licenziamenti legati al Covid-19 (a fronte di un numero complessivo di 101 mila persone che hanno perso il lavoro nel periodo della pandemia, 99 mila sono donne, pari a circa il 98%), la bassissima occupazione femminile nei settori strategici come green e digitale e la mancanza di posti negli asili nido pubblici, sono le aree sulle quali bisogna necessariamente intervenire, se non si vuole lasciare indietro 30 milioni di donne, scrive l’editorialista del quotidiano torinese.