LE PAROLE VUOTE DEL PALAZZO AL TERZO SETTORE

L’editoriale del direttore di Vita, Stefano Arduini, che apre il numero di gennaio del magazine: «Mai come in questi anni di pandemia dal Palazzo della politica si sono spese parole di miele nei confronti dei soggetti sociali. Ma i fatti e le politiche quasi mai sono stati coerenti con gli impegni presi».

Come dice Carl Gustav Jung «noi siamo quello che facciamo e non quello che diciamo di fare». Mai come in questi anni di pandemia dal palazzo della politica si sono spese parole di miele nei confronti dei soggetti sociali. Citiamo per tutti gli ultimi due presidenti del consiglio. Dal «Terzo settore, cuore pulsante della società» di Giuseppe Conte ai ringraziamenti di Mario Draghi al mondo del volontariato e del Terzo settore in occasione della Civil week dello scorso ottobre: «Voglio ringraziarvi nuovamente, a nome di tutti gli italiani. La generosità, l’altruismo di tanti durante la pandemia hanno dimostrato ancora una volta che l’Italia sa essere unita nei momenti più difficili. Ora dobbiamo lavorare per rendere il nostro Paese ancora più equo e coeso. Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il Governo ha stanziato circa 11 miliardi per le infrastrutture sociali (…). In questo contesto un ruolo centrale lo avrà il Terzo settore. Intendiamo sfruttare la collaborazione tra impresa sociale, volontariato, istituzioni pubbliche. Il Piano ci impone anche di accelerare il completamento della riforma del Terzo settore. In questi mesi, voi lavoratori e volontari del Terzo settore avete fatto tanto per l’Italia, soprattutto per i più deboli. Ora tocca a noi aiutarvi, perché possiate continuare ad aiutarci».


Parole importanti. Ma quali sono i fatti seguiti a quelle parole? Il panorama è obiettivamente desolante. Sia chiaro non è solo colpa di Draghi ma anche di tutti i partiti, distratti ai bisogni del Paese e attenti a distribuire favori ai soliti noti (proprietari di villette e padroncini, ad esempio). Solo per limitarci a qualche caso relativo a Pnrr e legge di Bilancio il quadro è grossomodo questo.
Imposizione del regime Iva a tutti gli enti di Terzo settore, che manderà a gambe all’aria tanti piccoli gruppi di volontariato e associazioni non commerciali. Modifica prima introdotta furtivamente senza alcun confronto col Terzo settore e poi rinviata (ma non cancellata) di due anni. «Prorogare l’entrata in vigore di una simile norma è una presa in giro», hanno commentato le Acli con toni mai sentiti negli ultimi anni nei confronti della politica.

Bocciatura da parte del Governo e della maggioranza in sede di legge di Bilancio di tutte le richieste del mondo non profit previste da un emendamento che recepiva un lavoro di mesi di confronto, presso il ministero del Lavoro. Tra le norme cassate oltre al venir meno del fondo per progetti che tanto ha fatto in questi mesi di pandemia spicca la negazione della riduzione dell’Irap, riduzione che invece è concessa a tutto il profit.

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Nello store di Vita il numero di 1/2022 del megazine