LE INSIDIE NELLA CORSA ALLE MATERIE PRIME: LA TRANSIZIONE ECOLOGICA PASSA DA QUI

Nel maggio scorso, l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) ha pubblicato il rapporto “Il ruolo dei minerali determinanti nella transizione ecologica”.

Andrea De Tommasi su FuturaNetwork approfondisce il tema dell’indisponibilità delle risorse minerarie necessarie a rendere operativa la transizione ecologica e dei problemi geopolitici connessi

All’ingresso del paese un monumento al muratore e alla “taissina” (cernitrice di minerale) preannuncia il punto di forza di Gorno, un centro di quasi millecinquecento anime in provincia di Bergamo: l’attività delle miniere, situate intorno all’area di Costa Jels e Casa Conti. Il passato e la tradizione culturale di Gorno sono strettamente legati al patrimonio minerario, che ha unito le generazioni dei “minadur” (minatori) a quella dei “galecc” (ragazzi addetti al trasporto a spalla di materiale). Nel cuore di questo territorio della Val del Riso, secondo quanto riporta l’azienda australiana Alta Zinc, potrebbe nascondersi ancora oggi un robusto giacimento di zinco e piombo. “Il nostro obiettivo è trasformare Gorno in una delle miniere di metalli di base più pulite e più rispettose dell’ambiente che entreranno in funzione in Europa”, hanno fatto sapere i vertici di Alta Zinc, che per un progetto di telerilevamento tramite laser nel comune lombardo ha ricevuto un sostegno finanziario dall’Unione europea. Nella transizione ecologica e digitale, l’Europa mira infatti a rafforzare il mercato interno e rendersi sempre meno dipendente dalle importazioni, specialmente di materie prime.

Forniture insufficienti

Proprio ai minerali necessari a rendere operativa la transizione ecologica è dedicato l’ultimo rapporto pubblicato a maggio dall’Agenzia internazionale dell’energia (Iea). Nella presentazione dello studio, il direttore dell’agenzia Fatih Birol ha lanciato un monito: per raggiungere gli obiettivi di zero emissioni nei prossimi decenni, la domanda di minerali cosiddetti “critici”, ossia di grande rilevanza per un’industria, aumenterà man mano che la transizione ecologica verrà messa in atto. Per il solo settore energetico la domanda di minerali potrebbe crescere di sei volte entro il 2040, mentre forniture insufficienti rischierebbero di ritardare la transizione e farne lievitare i costi. “Un sistema energetico alimentato da tecnologie per l’energia pulita differisce profondamente da un sistema alimentato dalle tradizionali risorse degli idrocarburi” scrivono in apertura gli autori dello studio. “Un’auto elettrica necessita di una quantità di minerali sei volte superiore a un’auto convenzionale, una centrale eolica onshore ha bisogno di nove volte le risorse minerarie di una centrale a gas”.

Oltre l’80% di tutta la nuova capacità elettrica aggiunta nel 2020 era rinnovabile, facendo registrare un incremento consistente per il secondo anno consecutivo. Di conseguenza è aumentato anche l’impiego di minerali: basti pensare che dal 2010 la quantità di minerali necessaria a un’unità di generazione di energia è già salita del 50%. Naturalmente tecnologie diverse necessitano di diversi materiali. Litio, nickel, cobalto, manganese e grafite sono cruciali per le batterie. Gli elementi delle cosiddette “terre rare” (un pacchetto di 15 elementi “lantanoidi”, più scandio e ittrio) sono essenziali per i magneti, per le turbine eoliche e per i motori elettrici. Mentre le reti elettriche necessitano di una grande quantità di rame e alluminio.

A oggi la maggior parte del litio estratto è già destinato al trasporto elettrico e alle batterie e si stima che entro il 2040 anche la maggior parte del nickel sarà destinata al medesimo settore. In uno scenario in cui gli obiettivi climatici degli accordi di Parigi vengono raggiunti, secondo il rapporto della Iea, alle tecnologie che generano energia pulita sarà destinato il 40% di tutto il rame e di tutte le terre rare estratti nel mondo, il 60% o 70% del nickel e del cobalto e quasi il 90% di tutto il litio. Complessivamente, il Rapporto stima che entro il 2040 la domanda di minerali crescerà di quattro volte, ed entro il 2050, nello scenario auspicato dagli accordi di Parigi, di ben sei volte.

L’articolo di Andrea De Tommasi su FuturaNetwork