IVA E TERZO SETTORE: COME USCIRE DALL’IMPASSE

Su VITA l’intervento del tributarista e segretario generale di Terzjus, Gabriele Sepio: “Sul tema incombe una procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea ai danni dell’Italia e trovare una soluzione rapida e coerente è quindi di fondamentale importanza. Quale strada seguire dunque? Potrebbe aiutare l’impostazione seguita dalla riforma del terzo settore che considera fiscalmente “non commerciali” le attività istituzionali svolte senza l’effettivo conseguimento di un utile”

Per le attività degli enti associativi torna lo spettro dell’IVA. Legittima la preoccupazione delle associazioni per l’impatto della nuova disciplina e le possibili conseguenze sulla gestione operativa delle attività svolte. A questo punto diventa necessario fare chiarezza su chi è realmente interessato da questa modifica e con quali conseguenze, ed è giunto soprattutto il tempo di avanzare proposte per trovare una soluzione definitiva al problema.

Iniziamo a capire da dove nasce la preoccupazione degli enti non profit.
Il Senato ha approvato un emendamento contenuto nel decreto collegato alla legge di bilancio che abroga le disposizioni (contenute all’art. 4 del decreto 633 del 1972) che finora avevano tenuto indenni dall’IVA e dai relativi adempimenti tutta una serie di entrate molto importanti per gli enti associativi. Parliamo, ad esempio, dei corrispettivi specifici e quote supplementari versati da soci, associati o partecipanti a fronte di cessione di beni o prestazioni di servizi in conformità allo statuto oppure in occasione di manifestazioni propagandistiche. A queste possiamo aggiungere purtroppo anche la somministrazione di alimenti o bevande tipicamente svolte dalle realtà associative presso le proprie sedi (pensiamo al servizio bar). È piuttosto comprensibile che questo intervento spaventi il mondo non profit. È infatti normale che quando si parla di tasse, specie quando se ne aggiungono di nuove o subentrano nuovi adempimenti, vi sia una certa agitazione e preoccupazione in particolare da parte degli enti più piccoli che sono abituati a fare i conti con poche entrate e con l’operatività di tutti i giorni resa ancora più difficile dalla pandemia. Per questa ragione continuare a chiedere di eliminare questo intervento normativo senza proporre soluzioni alternative significa semplicemente mettere la testa sotto la sabbia senza risolvere il problema alla radice. Su questo tema incombe, infatti, una procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea ai danni dell’Italia e trovare una soluzione rapida e coerente è di fondamentale importanza. Questo per evitare di ritrovarsi, puntuali come un orologio svizzero, ad aprire la stessa discussione ad ogni legge di bilancio o altro veicolo normativo.

Occorre dunque fornire una risposta alla procedura di infrazione che metta al centro il coinvolgimento degli enti non profit e delle amministrazioni che stanno seguendo da vicino l’evoluzione del terzo settore. Bisogna evitare soluzioni calate dall’alto senza un dialogo preventivo.

È chiaro che la norma così come approvata dal Senato si presta a diverse obiezioni e criticità anche perché finisce con il colpire gli enti senza distinguere in base alle attività e al tipo di entrate, probabilmente, in alcuni casi, andando oltre gli obiettivi indicati dalla procedura di infrazione UE. Allo stesso tempo l’emendamento non tiene conto di un periodo transitorio per consentire ai soggetti coinvolti di prendere le misure con le novità legislative, a cominciare dall’apertura della partita Iva qualora non ne fossero già provvisti.

A questo punto due sono gli obiettivi principali che si presenteranno a seguito della definitiva approvazione della norma: chiarire quale potrebbe essere l’effettivo impatto della modifica del regime IVA superando alcuni tra gli equivoci piu diffusi e, nel contempo, capire quali sono i margini per rivedere la decisione legislativa.

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L’intervento del presidente dell’impresa sociale Fratello Sole su Vita.it

La nota dell’Acli su Vita.it