IL TURISTA? CHIAMATELO “CITTADINO TEMPORANEO”

«Spostare il focus su un’idea di comunità allargata, mettendo al centro la comunità locale. Un drastico cambio dal “visitare” al “sentirsi parte” di un abitare», scrive sul numero di VITA di maggio, Emmanuele Curti, archeologo e manager culturale, ragionando sulla parola “cittadinanza”. È una dei sette interventi che troverete sulle “parole per trovare la strada giusta”

Il Grand Tour degli aristocratici del Nord europa del ‘700, mentre esplodeva la rivoluzione illuminista, invase il Sud, principalmente l’Italia, alla ricerca del Dna della cultura greco/romana, divenuta ormai premessa storiografica alla nuova invenzione di sé. Ma mentre la grecità la cercavano ancora nelle copie romane delle statue di Roma e dintorni — la “islamica” Grecia dovrà aspettare la fine del ‘700 per tornare geograficamente ad essere percepita come occidentale — , il vagare nel passato costruì le premesse a quello che oggi noi chiamiamo turismo.

Emmanuele Curti

Una classe sociale, che poteva permettersi il tempo del non lavoro, usò questo frangente come momento di ricerca, per stravolgere il concetto di “sovranità” e, con la successiva creazione di musei nei quali confluirono i souvenir dei loro viaggi, porre le basi identitarie dello Stato moderno. Il viaggiare era sì piacere, ma anche ricerca intellettuale di una nuova dimensione, così come rimarrà per coloro che, attraverso la creazione delle nuove discipline storiografiche e geografiche, sarebbero andati nei decenni successivi ad esplorare spazi e tempi, a disegnare cartografie, costruire storie e archeologie, a servire un occidente che strutturava la sua presenza coloniale in giro per il mondo.

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