DAL COVID PUÓ USCIRE LA CITTÁ POLICENTRICA E ATTENTA ALLA SOSTENIBILITÁ

Dalle strade senza auto ai superblocchi, dalla città compatta a quella dei 15 minuti. Tutti i nuovi modelli urbani hanno lo stesso obiettivo: migliorare la qualità della vita e salvare l’ambiente. L’articolo di Andrea De Tommasi su FuturaNetwork.

Uno dei leitmotiv delle istituzioni internazionali è che la crisi può essere un’opportunità per costruire città migliori e più sostenibili. È ben noto, infatti, che le città producono il 70% delle emissioni globali di gas serra. Ma le criticità riguardano vari ambiti, e in tutto il mondo i centri urbani sono ad esempio particolarmente vulnerabili agli shock climatici e ai disastri naturali. Le realtà urbane ospitano il 60% dei rifugiati e fino all’80% degli sfollati interni. Fin dai primi giorni della pandemia, le città sono state particolarmente colpite dal Covid-19. “Il 95% di tutti i casi nei primi mesi di Coronavirus è stato registrato nelle città”, ha dichiarato Maimunah Mohd Sharif, direttrice esecutiva di Un Habitat, l’agenzia delle Nazioni unite per gli insediamenti umani.

Una “nuova normalità”

Il quadro che emerge dunque è di grande difficoltà e da tutte le parti si evoca il rischio di quello che viene definito “il ritorno alla normalità”, ossia il processo che porta le città a non intervenire significativamente sui punti deboli che hanno caratterizzato il periodo pre-crisi, dalla riduzione delle disuguaglianze al raggiungimento della neutralità climatica.

Ma come sarà possibile trasformare la crisi in un’opportunità per le città?

“Una delle più grandi lezioni apprese dalla crisi del Covid-19 è che le città sostenibili e resilienti sono state in grado di gestire meglio la pandemia”, ha affermato Jan Vapaavuori, sindaco di Helsinki, in un recente evento della Banca mondiale, sottolineando come valga la pena “porre ancora più enfasi sui temi della sostenibilità rispetto a prima”. Secondo Un-Habitat, che in maggio ha pubblicato il rapporto “Cities and pandemics: towards a more just, green and healthy future”, a causa della pandemia 120 milioni di persone finiranno in povertà e il tenore di vita si ridurrà del 23%. Una “nuova normalità” può emergere nelle città se alloggi, servizi e sicurezza avranno la priorità. Sono quattro le chiavi su cui si concentra il Rapporto: ripensare la forma e la funzione della città; affrontare la povertà e le disuguaglianze; ricostruire una nuova economia urbana (sostegni per aiutare le piccole imprese, i lavoratori informali e i settori a rischio); rendere più chiare la legislazione urbana e la governance.

Il primo elemento, relativo a nuovi modelli urbani più sostenibili, è particolarmente rilevante, soprattutto in previsione della crescita futura delle città. Entro il 2050 si stima che quasi il 70% delle persone vivrà in aree urbane. La velocità e la portata dell’urbanizzazione, rileva l’Onu, presentano sfide significative per garantire la disponibilità di alloggi, infrastrutture e trasporti adeguati. Bisogna dire che, dallo scoppio del Covid-19 e anche prima, in un certo numero di città sono stati introdotti nuovi modelli che vanno in qualche modo ad affrontare i problemi di pianificazione urbana: la città compatta, i “superblocchi”, la città dei 15 minuti, la città senza auto o una combinazione di questi elementi.

Ma quali sono gli impatti di queste iniziative?

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