CODICE DEL TERZO SETTORE, UN INVITO A RIMEDITARE LE POSIZIONI DEL CONSIGLIO DI STATO

Il parere del Consiglio di Stato (il n. 2052, reso dalla Commissione speciale di Palazzo Spada il 20 agosto 2018) arretra il potenziale di una nuova stagione di collaborazione fra pubblica amministrazione e enti del terzo settore indicando – con piglio conservativo – l’unica via della gara d’appalto. Giuristi, economisti, ricercatori ed esperti chiedono una correzione delle incongruenze e delle mancanze espresse dalla giustizia amministrativa. L’obiettivo è esortare l’Autorità nazionale anticorruzione ad aggiornare le proprie Linee Guida nel rispetto (reale) del diritto e delle specificità del terzo settore.
E’ possibile aderire, amplificando l’autorevolezza del documento. Lo puoi fare attraverso un form online: https://goo.gl/forms/KmtJdAEexIeBhfLp2

La svista può essere corretta, riabilitando una specificità – quella degli enti del terzo settore – oggi a rischio appiattimento. L’aggiornamento da parte dell’ANAC delle proprie Linee Guida n. 32/2016 sugli affidamenti agli enti di Terzo settore rappresenta una prima occasione decisiva affinché il diritto del terzo settore sia davvero preso sul serio.

Per approfondire:

Coprogettazione, docenti e studiosi firmano il documento partito dal “Club dell’articolo 55”

Un parere che rischia di far perdere al Paese un’importante occasione. In nome di una discutibile primazia del diritto euro-unitario sul diritto interno. Una visione mercantilistica piegata mestamente al principio di tutela della concorrenza, imposto persino alle forme di collaborazione tra organismi pubblici e privati che perseguono obiettivi simili (se non coincidenti).

La visione che individua l’unico strumento relazionale nel contratto d’appalto, espressa nel parere del Consiglio di Stato (il n. 2052, reso dalla Commissione speciale di Palazzo Spada il 20 agosto 2018) deprime il potenziale di una nuova stagione di coprogettazione, coprogrammazione e affidamento trasparente di servizi di interesse pubblico aperta dall’approvazione dell’art.55 del Codice del Terzo Settore. Seguendo la sola logica della competitività fine a sé stessa, si priva la pubblica amministrazione e con essa la società italiana dell’apporto originale che può essere fornito dagli enti inseriti in un procedimento di collaborazione. E più nello specifico si arretra rispetto alla possibilità di conseguire risparmi di spesa derivanti dall’apporto materiale degli enti medesimi all’implementazione degli interventi, con conseguente lesione di un altro principio di rilevanza euro-unitaria, la tutela degli equilibri di bilancio, recepito negli articoli 81, 97 e 119 della Costituzione.

Appare così chiaro il vizio di fondo: non si è di fronte a una gara fra contendenti, da una parte, e stazione appaltante, dall’altra, bensì all’attivazione di un partenariato collaborativo tra soggetti con obiettivi simili e in cui tutti apportano proprie risorse. Nel rispetto, s’intende, di una o più attività di interesse generale, quindi non lucrative. Emerge così un autonomo e solido fondamento costituzionale degli istituti disciplinati dal Titolo VII del Codice del Terzo settore, distinto da quello del Codice dei contratti pubblici.

Ma questa svista può essere corretta, tutelando gli strumenti collaborativi (artt. 55 e 56) contenuti nel Codice del terzo settore (CTS). L’aggiornamento da parte dell’ANAC delle proprie Linee Guida n. 32/2016 sugli affidamenti agli enti di Terzo settore rappresenta una prima occasione decisiva affinché il diritto del terzo settore sia davvero preso sul serio.

Il Club degli amici dell’articolo 55

Gregorio Arena, Felice Scalvini, Carlo Borzaga, Pasquale Bonasora, Antonio Fici, Fabio Giglioni, Luca Gori, Giangiorgio Macdonald, Gianfranco Marocchi, Silvia Pellizzari, Emanuele Rossi, Elisabetta Salvatorelli, Gabriele Sepio, Ettore Vittorio Uccellini.